Il contadino e lo strano giovane

Il contadino e lo strano giovane

Il padrone di una grossa fattoria aveva bisogno di un aiutante che badasse alle stalle e al fienile. Come voleva la tradizione, il giorno della festa del paese, cominciò a cercare.
Scorse un ragazzo di 16-17 anni che si aggirava tra i baracconi.
Era un tipo alto e magro, che non sembrava molto forte.
“Come ti chiami giovanotto?” chiese.
“Alfredo, signore!” rispose il giovane
“Sto cercando qualcuno che voglia lavorare nella mia fattoria.
Ti intendi di lavori agricoli?” continuò.
“Sissignore. Io so dormire in una notte ventosa!” rispose il giovane.

“Che cosa?” chiese il contadino sorpreso.

“Io so dormire in una notte ventosa!” replicò il giovane.
Il contadino scosse la testa e se ne andò.
Nel tardo pomeriggio, incontrò nuovamente Alfredo e gli rifece la proposta.
La risposta di Alfredo fu la medesima:
“Io so dormire in una notte ventosa!”
Al contadino serviva un aiutante non un giovanotto che si vantava di dormire nelle notti ventose.
Provò ancora a cercare, ma non trovò nessuno disposto a lavorare nella sua fattoria.

Così decise di assumere Alfredo che gli ripeté:

“Stia tranquillo, padrone, io so dormire in una notte ventosa!”
“D’accordo. Vedremo quello che sai fare!”
Alfredo lavorò nella fattoria per diverse settimane.
Il padrone era molto occupato e non faceva molta attenzione a quello che faceva il giovane.
Poi una notte fu svegliato dal vento.
Il vento ululava tra gli alberi, ruggiva giù per i camini, scuoteva le finestre.
Il contadino saltò giù dal letto.
La bufera avrebbe potuto spalancare le porte della stalla, spaventare cavalli e mucche, sparpagliare il fieno e la paglia, combinare ogni sorta di guai.
Corse a bussare alla porta di Alfredo, ma non ebbe risposta.

Bussò più forte.

“Alfredo, alzati!
Vieni a darmi una mano, prima che il vento distrugga tutto!”
Ma Alfredo continuò a dormire.
Il contadino non aveva tempo da perdere.
Si precipitò giù per le scale, attraversò di corsa l’aia e raggiunse la cascina.
Ed ebbe una bella sorpresa.
Le porte delle stalle erano saldamente chiuse e le finestre erano bloccate.
Il fieno e la paglia erano coperti e legati in modo tale da non poter essere soffiati via.
I cavalli erano al sicuro, e i maiali e le galline erano quieti.

All’esterno il vento soffiava con impeto.

Dentro la cascina, gli animali erano calmi e tutto era al sicuro.
D’improvviso il contadino scoppiò in una sonora risata.
Aveva capito che cosa intendeva dire Alfredo quando affermava di saper dormire in una notte ventosa.
Il giovane faceva bene il suo lavoro ogni giorno.
Si assicurava che tutto fosse a posto.
Chiudeva accuratamente porte e finestre e si prendeva cura degli animali.
Si preparava alla bufera ogni giorno.
Per questo non la temeva più.

Brano tratto dal libro “C’è qualcuno lassù.” di Bruno Ferrero

Il contadino ed il diavolo sciocco

Il contadino ed il diavolo sciocco

C’era una volta un contadino così povero che non aveva neanche un pezzo di terra tutto suo.
Un bel giorno trovò un campo abbandonato, lo arò ben bene e cominciò a seminare il grano.
Quel campo apparteneva al diavolo, che era uno sciocco ma si credeva furbo.
Il diavolo andò dal contadino e gli disse:
“Semina pure il campo, ma a una condizione:
faremo due parti con il raccolto.
Tu prenderai quello che esce fuori dalla terra e io prenderò ciò che rimane sottoterra.”

“Non ho nulla in contrario!” rispose il contadino.

Passò del tempo e il diavolo vedendo che il contadino sudava e lavorava la terra, lo prendeva in giro.
“Lavora sciocco, che io raccoglierò il frutto delle tue fatiche!” gli diceva.
Giunse il tempo della mietitura.
Il contadino tagliò il grano, raccolse le spighe in fasci e da esse ottenne cento sacchi di grano colmi colmi.
Il diavolo invece raccoglieva quello che era rimasto interrato: solo radici!
Al mercato il grano del contadino fu pagato molto bene, mentre il diavolo fu preso a calci:
quando mai si erano vendute quelle radici?

“Mi hai imbrogliato!” urlò il diavolo infuriato.

“Io ti ho imbrogliato?” ribatté il contadino “Io ho rispettato il contratto che mi hai imposto:
io il sopra e tu il sotto!”
“Bene bene,” disse il diavolo “non ne parliamo più.
Però dal prossimo raccolto io prenderò ciò che sbuca fuori e tu ti terrai quello che c’è sotto!” anche questa volta il contadino arò e lavorò ben bene la terra, ma invece di grano piantò patate.
Il diavolo lo guardava faticare e, come la prima volta rideva di lui.
Quando le patate furono cresciute e pronte per la raccolta, il diavolo prese le pianticelle che sbucavano fuori dalla terra, mentre il contadino gli andava dietro estraendo dalla terra tante patate grosse grosse.

Tutti e due poi andarono al mercato a vendere i loro prodotti.

“Patate! Patate! Belle patate!” gridava il contadino al mercato e la gente si affollava intorno a lui perché tutti volevano comprarne.
“Foglie! Foglie! Belle foglie verdi!” gridava il diavolo, ma la gente, invece di avvicinarsi, si faceva beffe di lui.
Il diavolo si arrabbiò tanto che finì per essere preso a bastonate dalla gente e dovette fuggire per sempre.
Il contadino rimase padrone del campo e visse allora felice e contento.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il contadino e la trappola per topi

Il contadino e la trappola per topi

Un topo stava guardando attraverso un buco nella parete, spiando quello che il contadino e sua moglie stavano facendo.
Avevano appena ricevuto un pacco e lo stavano scartando tutti contenti.
“Sicuramente conterrà del cibo!” pensò il topo.
Ma quando il pacco fu aperto il piccolo roditore rimase senza fiato.
Quella che il contadino teneva in mano non era roba da mangiare, era una trappola per topi!

Spaventato, il topo cominciò a correre per la fattoria gridando:

“State attenti! C’è una trappola per topi in casa! C’è una trappola per topi in casa!”
La gallina, che stava scavando per terra alla ricerca di semi e vermetti, alzò la testa e disse:
“Mi scusi, signor Topo, capisco che questo può costituire per lei un grande problema, ma una trappola per topi non mi riguarda assolutamente.
Sinceramente non mi sento coinvolta nella sua paura.”
E, detto questo, si rimise al lavoro per procurarsi il pranzo.

Il topo continuò a correre gridando:

“State tutti attenti! C’è una trappola per topi in casa! C’è una trappola per topi in casa!”
Casualmente incontrò il maiale che gli disse con aria accattivante:
“Sono veramente dispiaciuto per lei, signor Topo, veramente dispiaciuto, mi creda, ma non c’è assolutamente nulla che io possa fare.”
Ma il topo aveva già ripreso a correre verso la stalla dove una placida mucca ruminava, sonnecchiando, il suo fieno.
“Una trappola per topi?” gli disse “E lei crede che costituisca per me un grave pericolo?”

Fece una risata e riprese a mangiare tranquillamente.

Il topo, triste e sconsolato, ritornò alla sua tana preparandosi a dover affrontare la trappola tutto da solo.
Proprio quella notte, in tutta la casa si sentì un fortissimo rumore, proprio il suono della trappola che aveva catturato la sua preda.
La moglie del contadino schizzò fuori dal letto per vedere cosa c’era nella trappola ma, a causa dell’oscurità, non si accorse che nella trappola era stato preso un grosso serpente velenoso.
Il serpente la morse.
Subito il contadino, svegliato dalle urla di lei, la caricò sulla macchina e la portò all’ospedale dove venne sottoposta alle prime cure.
Quando ritornò a casa, qualche giorno dopo, stava meglio ma aveva la febbre alta.

Ora tutti sanno che quando uno ha la febbre non c’è niente di meglio che un buon brodo di gallina.

E così il contadino andò nel pollaio e uccise la gallina trasformandola nell’ingrediente principale del suo brodo.
La donna non si ristabiliva e la notizia del suo stato si diffuse presso i parenti che la vennero a trovare e a farle compagnia.
Allora il contadino pensò che, per dare da mangiare a tutti, avrebbe fatto meglio a macellare il suo maiale.
E così fece.
Finalmente la donna guarì e il marito, pieno di gioia, organizzò una grande festa a base di vino novello e bistecche cotte sul barbecue.
Inutile dire quale animale fornì la materia prima.
La prossima volta che sentirete qualcuno che si trova davanti ad un problema e penserete che in fin dei conti la cosa non vi riguarda, ricordatevi che quando c’è una trappola per topi in casa tutta la fattoria è in pericolo.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il contadino ed il poeta

Il contadino ed il poeta

Un contadino stanco della solita routine quotidiana, tra campi e duro lavoro, decise di vendere la sua tenuta.
Dovendo scrivere il cartello per la vendita decise di chiedere aiuto al suo vicino che possedeva delle doti poetiche innate.

Il romantico vicino accettò volentieri e scrisse per lui un cartello che diceva:

“Vendo un pezzettino di cielo, adornato da bellissimi fiori e verdi alberi, con un fiume, dall’acqua cosi pura e dal colore più cristallino, più bello di quelli che abbiate mai visto fino ad ora.”
Fatto ciò, il poeta dovette assentarsi per un po’ di tempo, al suo rientro però, decise di andare a conoscere il suo nuovo vicino.

La sua sorpresa fu immensa nel vedere il solito contadino,

impegnato nei suoi lavori agricoli.
Il poeta domandò quindi:
“Amico non sei andato via dalla tenuta?”

Il contadino rispose sorridendo:

“No, mio caro vicino, dopo aver letto il cartello che avevi scritto, ho capito che possedevo il pezzo più bello della terra e che non ne avrei trovato un altro migliore.”

Non aspettare che arrivi un poeta per farti un cartello che ti dica quanto è meravigliosa la tua vita, la tua casa, la tua famiglia e tutto ciò che possiedi…

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’ingegnere ed il contadino

L’ingegnere ed il contadino

Un giovane ingegnere decise di impiegare un piccolo capitale in agricoltura e comprò un piccolo campo in una pianura fertile.
Dal momento che non era proprio esperto di coltivazioni, decise di chiedere informazioni a un vecchio contadino che abitava nei pressi:
“Hai visto, caro vicino, il mio campicello?”
“Ma certo. Confina con i miei”, rispose il vecchio.

“Vorrei chiederti una cosa:

credi che il mio campicello potrebbe darmi del buon orzo?”
“Orzo? No, signore mio, non credo che questo campo possa dare orzo.
Da tanti anni vivo qui e non ho mai visto orzo in questo campo.”
“E mais?” insistette il giovane, “Credi che il mio campicello possa darmi del mais?”
“Mais, figliolo?
Non credo che possa dare mais.

Per quanto ne so, potrebbe fornire radici, cicorie, erba cipollina e meline acerbe.

Ma mais no, non credo proprio.” rispose il vecchio contadino.
Benché sconcertato, il giovane ingegnere domandò:
“E soia?
Mi potrebbe dare soia il campicello?”
“Soia, dice?
Non voglio fare il guastafeste, ma io non ho mai visto soia in questo campo.
Al massimo, erba alta, un po’ di rametti da bruciare, ombra per le mucche e qualche cespuglio di bacche, non di più.” spiegò ancora il vecchio contadino.

Il giovane, stanco di ricevere sempre la stessa risposta, scrollò le spalle e disse:

“Va bene, ti ringrazio per tutto quello che mi hai detto, ma voglio fare una prova.
Seminerò del buon orzo e vediamo che cosa succede!”
Il vecchio contadino alzò gli occhi e, con un sorriso malizioso, disse:
“Ah, beh. Se lo semina…
È tutta un’altra cosa, se lo semina!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Competenze tecniche: fare e saper fare!

Competenze tecniche: fare e saper fare!

Un ingegnere fu chiamato a riparare un computer molto grande ed estremamente complesso, un computer del valore di 12 milioni di euro.
Sedutosi di fronte allo schermo, premuti alcuni tasti, annuì, mormorò qualcosa tra sé e lo spense.

Prese un piccolo cacciavite dalla tasca e girò a metà a una piccola vite.

Poi accese di nuovo il computer e scoprì che funzionava perfettamente.
Il presidente della società fu felice e si offrì di pagare il conto sul posto.
“Quanto le devo?” chiese.
“In totale mille euro.” rispose l’ingegnere.
“Mille euro?

Mille euro per un paio di minuti di lavoro?

Mille euro, semplicemente per aver girato una piccola vite?
Io so che questo super computer costa 12 milioni di euro, ma…
Mille euro è un importo pazzesco!
Pagherò solo se mi invia una fattura dettagliata che giustifichi perfettamente questa cifra!”
Il tecnico informatico annuì e se ne andò.
La mattina seguente, il Presidente ricevette la fattura, lesse attentamente, scosse la testa e procedette a pagare, senza indugio.
La fattura riportava:

“Servizi offerti:

Serrare una vite: Euro 1.
Sapere quale vite serrare: Euro 999.”

Per i professionisti che ogni giorno affrontano il disprezzo di coloro che per la loro stessa ignoranza non riescono a capire.
Ricorda:
“Si vince per quel che si sa, non per quel che si fa!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Tutti saranno pronti a criticare l’unica cosa sbagliata che farete

Tutti saranno pronti a criticare l’unica cosa sbagliata che farete

9×1=7
9×2=18
9×3=27
9×4=36
9×5=45
9×6=54
9×7=63
9×8=72
9×9=81
9×10=90

Quando ebbe finito di scrivere, si voltò verso la classe.

Tutti gli alunni stavano ridendo per l’evidente errore fatto nella prima riga.
L’insegnante attese qualche istante poi disse:
“Ho scritto la prima operazione sbagliata di proposito.
Voglio che impariate una lezione molto importante.

Questo è per spiegarvi come il mondo là fuori, vi tratterà.

Tutti avete visto che ho scritto nove operazioni corrette.
Ma nessuno mi ha detto che sono stata brava.
Tutti però avete notato subito e riso per l’unico errore che ho fatto, focalizzandovi su quello.

Questa è la lezione:

Il mondo non apprezzerà le tante cose giuste che farete.
Tutti saranno pronti a criticare l’unica cosa sbagliata che farete.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il dottore e l’avvocato

Il dottore e l’avvocato

Finalmente laureato, un giovane dottore desidera lavorare in ospedale, ma non riesce a trovare lavoro, quindi con un po’ di fatica decide di aprire un suo studio medico privato.
Alla porta di ingresso mette un grande cartello arrecante la seguente scritta:
“La cura costa 25 euro, se non dovesse funzionare, vi saranno restituiti 100 euro.”
Un avvocato vede il cartello, e pensa subito che sia una buona occasione per intascare 100 euro facilmente, e dice:
“Dottore, ho perso il senso del gusto…”

Il dottore si rivolge alla sua infermiera:

“Prendi la medicina della scatola 12 e somministrane 3 gocce sulla lingua.”
L’infermiera esegue e l’avvocato comincia a tossire per espellere quanto ha ingerito:
“Sput, sput, sput, ma è benzina!”
Dottore:
“Esatto, complimenti!
Ha funzionato, ha riacquistato il gusto, sono 25 euro, grazie.”
Irritatissimo l’avvocato paga e se ne va meditando vendetta…

Infatti il giorno dopo si ripresenta allo studio medico.

Avvocato:
“Dottore, ho perso la memoria, non mi ricordo più nulla…”
Di nuovo, il dottore si rivolge alla sua infermiera:
“Prendi la medicina della scatola 12 e somministrane 3 gocce sulla lingua.”
L’avvocato, più irritato che mai:
“No! Lì c’è la benzina, me l’avete data ieri!”
Dottore:
“Complimenti! La sua memoria è tornata, sono 25 euro, grazie.”
L’avvocato è furioso, ma paga tramando sempre più una vendetta esemplare.

Il giorno dopo quindi si ripresenta.

Avvocato:
“Dottore, la mia vista è debole e annebbiata, non riesco a distinguere le cose…”
Dottore:
“Mi dispiace, sono desolato ma per questo non ho una cura da darle.
La prego, accetti i 100 euro.”
Gli occhi dell’avvocato iniziano a brillare, finalmente ce l’ha fatta, ma mentre allunga la mano per prendere la banconota che gli sta porgendo il dottore esclama:
“Ma questi non sono 100 euro, sono 20 euro!”
E il dottore:
“Complimenti, la sua vista non ha più problemi! Sono 25 euro, grazie!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

La felicità a scoppio ritardato

La felicità a scoppio ritardato

C’era una volta un re che aveva una figlia, bella e virtuosa.
Il re non voleva che la sua unica figlia, buona e intelligente, finisse per sposare il primo figlio di re o principe che domandasse la sua mano.
Era giustamente preoccupato e brontolava:
“Questi giovani che sono stati educati nei palazzi, tra onori e ricchezze smisurate, sono dei bambini viziati; ricercano solo il loro piacere, e non sarebbero in grado di governare dopo la mia morte.
Quello che voglio è una persona degna di fiducia, fosse anche un contadino o un operaio.”
Ma tutti quelli che facevano la fila davanti alla sua porta per chiedere la mano della bellissima principessa o erano stupidi e vanitosi, o rozzi e scortesi, o grandi intenditori di armi e cavalli, ma ignoranti e incolti.
Il re decise di cercare per sua figlia un buon artigiano, un operaio, laborioso e previdente, che potesse prendersi cura di lei.

Iniziò perciò a girare i cantieri, alla ricerca di un uomo prestante, laborioso, simpatico e intelligente.

Davanti a ogni casa in costruzione chiamava il proprietario e il capomastro perché gli indicasse qualcuno che faceva al caso suo, un uomo che potesse diventare suo genero e che fosse degno di ereditare un giorno il suo trono.
Un giorno il re passò davanti a una casa in costruzione e vide dei giovani operai che trasportavano mattoni su un’impalcatura.
Uno di loro attrasse la sua attenzione; andò a cercare il proprietario dell’edificio e chiese informazioni su di lui.
“E’ un operaio che lavora per me senza ricevere salario.
Mangia e beve alla mia tavola, dorme in casa mia, ma non riceve denaro!” rispose il proprietario.
E continuò:
“Suo padre era un mercante importante.
Quando morì mi doveva ancora centomila denari d’oro.
Allora ho preso con me il ragazzo e gli ho insegnato il mestiere.
Lavora dall’alba al tramonto, e in tal modo paga il debito del suo defunto padre.”

Il re allora disse:

“Ti pago tutto quello che ha mangiato e bevuto e in più saldo l’intero suo debito.”
Il proprietario accettò e ricevette la somma proveniente dal tesoro del re.
Senza parlare, il re condusse il giovane muratore nel palazzo reale.
I servitori gli tolsero i suoi abiti dismessi e sporchi di calce.
Il barbiere di corte gli tagliò accuratamente barba e capelli.
I sarti gli prepararono su misura degli abiti ricamati, poi un solerte maggiordomo lo guidò nella sala da pranzo, dove fu servita una squisita cenetta.
Il giovane mangiò e bevve, ma si sentiva frastornato, per tutto quello che gli stava capitando.
I servitori del re lo condussero allora in una stanza del palazzo che era stata preparata per lui, e il giovane cadde sul letto, stanchissimo, e si addormentò.
Tutti erano allegri, meno lo sposo
Il mattino dopo, il re fece chiamare nel suo studio il giovane muratore e gli disse:
“Mi sei piaciuto.
Voglio darti mia figlia in sposa.

Se vuoi sposarla, così com’è, bene.

Altrimenti ti farò uccidere.
Nella stanza accanto ci sono le mie guardie del corpo.
Se rifiuterai, ti incateneranno e ti taglieranno la testa.”
Il povero giovane non aveva scelta.
Perdere la vita, dopo tutto, gli sarebbe dispiaciuto assai.
Perciò rispose al re:
“Accetto.”
Incominciarono i preparativi per le solenne nozze reali.
Il re invitò tutti i nobili del regno, i suoi ministri, i fedeli vassalli e i notabili della città.
La festa cominciò tre giorni dopo e venne celebrata con molto sfarzo e splendore.
Il vino scorreva come acqua.
Tutti gli invitati si divertivano ed erano allegri e felici.
Lo sposo invece era triste e preoccupato:

“Come sarà la mia sposa?

Forse è cieca e zoppa, forse muta o malata…
Perché il re mi obbliga a sposarla per forza?
C’è sicuramente una ragione!”
Il povero giovane era in preda allo sconforto e alla preoccupazione.
Con un certo batticuore attese la fine del ricevimento.
Finalmente tutti gli invitati fecero ritorno a casa e gli sposi rimasero soli.
Il giovane di rivolse alla ragazza:
“Vieni, avvicinati.”
Lei si avvicinò.
“Preparami qualcosa da mangiare.” disse lui tanto per metterla alla prova, “Ho fame.
Non sono abituato alla cucina del castello.”
Sorridendo, la figlia del re preparò una deliziosa macedonia di frutta e del latte.
Poi lui le disse:
“Scrivi una lettera alla mia vecchia madre.”
E lei si sedette e scrisse la lettera.

Lui le disse ancora:

“Raccontami una bella storia, mi piacciono le storie.”
E la figlia del re fece quello che le aveva chiesto suo marito, già conquistata dal suo fascino e dalla sua intelligenza.
Nel giro di pochissimo tempo, insomma, il giovane muratore scoprì che la moglie che gli era stata imposta era praticamente perfetta.
Era bellissima, intelligente, una brava massaia, buona e capace in tutto.
Il giovane si rallegrò moltissimo che gli fosse toccata una sorte così.
Qualche mese dopo, il genero del re invitò tutti i ministri e i notabili del regno e fece dare a palazzo reale una grande festa.
Era contento, allegro, felice.
Ballò tutta la notte, bevve del vino e mangiò frutti deliziosi.
I re e i suoi ministri gli chiesero:
“Come mai eri così triste alle tue nozze e sei invece così felice ora?”
Il genero ed erede del re rispose:
“Il re mi aveva costretto a sposare sua figlia, minacciando di mettermi a morte se non avessi accettato.
Pensai che forse sua figlia aveva un’infermità, che forse fosse cieca o zoppa…”
Ma ora che ho vissuto con lei per alcuni mesi, so che possiede ogni virtù: è bella e buona.
Ecco perché la mia gioia è grande, ho il privilegio di ave ricevuto una perla: la figlia di un grande re, una moglie buona e fedele.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Puoi essere l’artefice del tuo destino…

Puoi essere l’artefice del tuo destino…

Un disoccupato sta cercando lavoro come uomo delle pulizie in una grande azienda informatica.
L’addetto del dipartimento del personale per valutarlo gli fa spazzare il pavimento, poi lo intervista e alla fine gli dice:
“Sei assunto, dammi il tuo indirizzo e-mail, così ti mando un modulo da riempire insieme al luogo e alla data in cui ti dovrai presentare per iniziare.”

L’uomo, sbigottito, risponde che non ha il computer né tanto meno la posta elettronica.

Il tipo gli risponde che se non ha un indirizzo e-mail significa che virtualmente non esiste e quindi non gli possono dare il lavoro.
L’uomo esce disperato, senza sapere cosa fare e con solo 10 dollari in tasca.
Decide allora di andare al supermercato e comprare una cassa di dieci chili di pomodori.
Vendendo porta a porta i pomodori in meno di due ore riesce a raddoppiare il capitale e ripetendo l’operazione si ritrova con centosessanta dollari.

A quel punto realizza che può sopravvivere in quella maniera,

parte ogni mattina più presto da casa e rientra sempre più tardi la sera e ogni giorno raddoppia o triplica il capitale.
In poco tempo si compra un carretto, poi un camion e in un batter d’occhio si ritrova con una piccola flotta di veicoli per le consegne.
Nel giro di cinque anni il tipo è proprietario di una delle più grandi catene di negozi di alimentari degli Stati Uniti.
Allora pensa al futuro e decide di stipulare una polizza sulla vita per lui e la sua famiglia.
Contatta un assicuratore, sceglie un piano previdenziale e quando alla fine della discussione l’assicuratore gli chiede l’indirizzo e-mail per mandargli la proposta,

lui risponde che non ha né computer né e-mail.

“Curioso,” osserva l’assicuratore, “avete costruito un impero e non avete una e-mail, immaginate cosa sareste se aveste avuto un computer!”
L’uomo riflette e risponde:
“Sarei l’uomo delle pulizie di una grande azienda informatica!”

Brano senza Autore, tratto dal Web