Dedicato alle mamme… Ed anche alle nonne!


Dedicato alle mamme… Ed anche alle nonne!

Quando sei venuto al mondo, lei ti ha accolto tra le braccia, tu l’hai ringraziata gridando.
Quando avevi 1 anno, lei ti ha dato da mangiare e ti ha pulito, tu l’hai ringraziata piangendo per notti intere.
Quando avevi 2 anni, lei ti insegnò a camminare, tu la ringraziasti scappando quando ti chiamava.
Quando avevi 3 anni, lei ti preparava da mangiare con amore, tu la ringraziavi facendo cadere i piatti sul pavimento.
Quando avevi 4 anni, lei ti comprò alcuni pennarelli colorati, tu la ringraziasti scrivendo sui muri della sala da pranzo.
Quando avevi 5 anni, lei ti vestiva bene per le occasioni speciali, tu la ringraziavi camminando nelle pozzanghere della via.
Quando avevi 6 anni, lei ti accompagnava a scuola, tu la ringraziavi gridandole: non voglio andare!

Quando avevi 7 anni, lei ti regalò un pallone, tu la ringraziasti calciandolo nella finestra del vicino.

Quando avevi 8 anni, lei ti comprò un gelato, tu la ringraziasti rovesciandolo sulla sua gonna.
Quando avevi 9 anni, lei ti pagò le lezioni di piano, tu la ringraziasti non frequentandole.
Quando avevi 10 anni, lei ti scarrozzava in macchina da tutte le parti: a scuola, alla partita di calcio, alle feste di compleanno e ad ogni altra festa, tu la ringraziavi scendendo sempre dalla macchina senza mai voltarti indietro.
Quando avevi 11 anni, lei accompagnava te e i tuoi amici al cinema, tu la ringraziavi dicendole di sedersi in un’altra fila.
Quando avevi 12 anni, ti consigliò di non guardare alla tv certi programmi, tu la ringraziasti sperando che lei se ne stesse a lungo fuori casa.
Quando avevi 13 anni, lei ti regalò un giaccone in pelle, tu la ringraziasti dicendole che non aveva gusto.

Quando avevi 14 anni, ella ti pagò un mese di vacanze estive in campeggio, tu la ringraziasti dimenticandoti di mandarle una cartolina.

Quando avevi 15 anni, tornava dal lavoro e avrebbe voluto abbracciarti, tu la ringraziasti chiudendo a chiave la tua stanza.
Quando avevi 16 anni, ti insegnò a guidare la sua macchina, tu la ringraziasti usandola ogni volta che potevi.
Quando avevi 17 anni, lei aspettava una telefonata importante, tu la ringraziasti occupando il telefono tutta notte.
Quando avevi 18 anni, lei pianse alla festa del tuo diploma, tu la ringraziasti restando alla festa fino all’alba.
Quando avevi 19 anni, lei ti pagò le tasse dell’università, ti accompagnò al campus trasportando i tuoi bagagli, tu la ringraziasti salutandola fuori della tua stanza, per non vergognarti davanti ai tuoi amici.
Quando avevi 20 anni, ti domandò se stavi uscendo con una ragazza, tu la ringraziasti dicendole: non ti interessa!

Quando avevi 21 anni, lei ti propose alcune strade per il futuro, tu la ringraziasti dicendole: non voglio essere come te !

Quando avevi 22 anni, ti abbracciò alla festa di laurea, tu la ringraziasti chiedendole una vacanza premio per l’Europa.
Quando avevi 23 anni, lei ti diede dei mobili per il tuo primo appartamento, tu la ringraziasti dicendo ai tuoi amici che erano brutti.
Quando avevi 24 anni, conobbe la tua futura sposa, e le domandò dei progetti per il futuro, tu la ringraziasti gridandole ferocemente: taci !
Quando avevi 27 anni, ti aiutò a pagar le spese del matrimonio, e piangendo ti diceva che ti amava moltissimo, tu la ringraziasti trasferendoti in un altro paese.
Quando avevi 30 anni, lei ti diede alcuni consigli per tuo figlio appena nato, tu la ringraziasti dicendo che le cose non erano più come una volta.
Quando avevi 40 anni, ti chiamò per ricordarti il compleanno di papà, tu la ringraziasti dicendo che eri molto occupato.
Quando avevi 50 anni, lei si ammalò e necessitò di cure, tu la ringraziasti discutendo sugli obblighi dei genitori verso i figli.

Improvvisamente, un giorno, lei morì.

Tutto ciò che non avevi fatto per lei, ti cadde addosso come fulmine e tempesta.
Prenditi un momento per pensare.
Rendi onore e omaggio, dimostra quanto ami colei che chiami mamma.
Non c’è sostituto alcuno per lei.
E anche se non sempre la si può considerare la migliore amica, anche se il suo modo di pensare non s’accorda con il tuo, lei è sempre la mamma.
Domandati: hai avuto tempo per star con lei, per ascoltare le sue lamentele, per alleviare le sue stanchezze?
Sii prudente e generoso.
Portale il debito rispetto.
Quando lei avrà lasciato questo mondo, ti resteranno solo bei ricordi di colei che hai chiamato mamma.

Evviva le mamme!
Brano senza Autore

L’amore di una mamma


L’amore di una mamma

Un angelo scappò dal paradiso per trascorrere la giornata vagando sulla terra.
Al tramonto decise di portarsi via dei ricordi di quella visita.
In un giardino c’erano delle rose:
colse le più belle e compose un mazzo da portare in paradiso.

Un po’ più in là un bambino sorrideva alla madre.

Poiché il sorriso era molto più bello del mazzo di rose, prese anche quello.
Stava per ripartire quando vide la mamma che guardava con amore il suo piccolo nella culla.
L’amore fluiva come un fiume in piena e l’angelo disse a se stesso:
“L’amore di quella mamma è la cosa più bella che c’è sulla terra, perciò prenderò anche quello!”

Volò verso il cielo, ma prima di passare i cancelli perlacei, decise di esaminare i ricordi per vedere come si erano conservati durante il viaggio.

I fiori erano appassiti, il sorriso del bambino era svanito, ma l’amore della mamma era ancora là in tutto il suo calore e la sua bellezza.
Scartò i fior appassiti e il sorriso svanito, chiamò intorno a se tutti gli ospiti del cielo disse:
“Ecco l’unica cosa che ho trovato sulla terra e che ha mantenuto la sua bellezza nel viaggio per il paradiso:
L’amore di una mamma.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Poesia per Mio Figlio – I figli sono come gli aquiloni


Poesia per Mio Figlio – I figli sono come gli aquiloni
Festa della Mamma

————————–

Poesia per Mio Figlio

A volte non capirò le tue scelte.
A volte non riuscirò a farti cambiare idea.
A volte dovrò lasciarti sbagliare.
A volte dovrò lasciarti cadere.
A volte non potrò seguire i tuoi sogni.

A volte non saremo d’accordo.

Ma non ci sarà mai e poi mai, una sola volta in cui non sarò dalla tua parte.
Sarò sempre con te, dalla tua parte…
Nella vittoria e nella sconfitta, perché ogni cosa che fai tu è un po’ come se la facessi anche io…
Perché tu sei una parte di me…
La Migliore.

Poesia di Francesca Barbari

————————–

I figli sono come gli aquiloni

Insegnerai a volare ma non voleranno il tuo volo.
Insegnerai a sognare ma non sogneranno il tuo sogno.

Insegnerai a vivere ma non vivranno la tua vita.

Ma in ogni volo, in ogni sogno e in ogni vita rimarrà per sempre l’impronta dell’insegnamento ricevuto.

Citazione di Madre Teresa di Calcutta

Il costo dell’Amore


Il costo dell’Amore

Una sera, mentre la mamma preparava la cena, il figlio undicenne si presentò in cucina con un foglietto in mano.
Con aria stranamente ufficiale il bambino porse il pezzo di carta alla mamma, che si asciugò le mani con il grembiule e lesse quanto vi era scritto:

Per aver strappato le erbacce dal vialetto: 1 EURO.

Per aver ordinato la mia cameretta: 1,50 EURO.
Per essere andato a comprare il latte: 0,50 EURO.
Per aver badato alla sorellina (tre pomeriggi): 3 EURO.
Per aver preso due volte “ottimo” a scuola: 2 EURO.
Per aver portato fuori l’immondizia tutte le sere: 1 EURO.

Totale: 9 EURO.

La mamma fissò il figlio negli occhi, teneramente.
La sua mente si affollò di ricordi.
Prese una biro e, sul retro del foglietto, scrisse:

Per averti portato in grembo per 9 mesi: 0 EURO.
Per tutte le notti passate a vegliarti quando eri ammalato: 0 EURO.
Per tutte le volte che ti ho cullato quando eri triste: 0 EURO.
Per tutte le volte che ho asciugato le tue lacrime: 0 EURO.
Per tutto quello che ti ho insegnato, giorno dopo giorno: 0 EURO.
Per tutte le colazioni, i pranzi, le merende, le cene e i panini che ti ho preparato: 0 EURO.

Per la vita che ti do ogni giorno: 0 EURO.

Quando ebbe terminato, sorridendo la mamma diede il foglietto al figlio.
Quando il bambino ebbe finito di leggere ciò che la mamma aveva scritto, due LACRIMONI fecero capolino nei suoi occhi.
Girò il foglio e sul suo conto scrisse: “PAGATO.”
Poi saltò al collo della madre e la sommerse di baci.
Quando nei rapporti personali e familiari si cominciano a fare i conti, è tutto finito.
L’amore, o è gratuito o non è amore.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Cicatrici


Cicatrici

In un caldo giorno d’estate nel sud della Florida, un bambino decise di andare a nuotare nella laguna dietro casa sua.
Uscì dalla porta posteriore correndo e si gettò in acqua nuotando felice.
Sua madre lo guardava dalla casa attraverso la finestra quando vide con orrore che un alligatore stava per avvicinarsi al bambino.

Corse subito verso suo figlio gridando più forte che potesse.

Sentendola il bambino si allarmò e nuotò verso sua madre, ma era ormai troppo tardi.
La mamma riuscì ad afferrare il bambino per le braccia, proprio mentre un coccodrillo gli afferrava le gambe.
La donna tirava determinata, con tutta la forza del suo cuore.
L’alligatore era più forte, ma la mamma era molto più determinata e il suo amore non l’abbandonava.

Un uomo udì le grida,

si precipitò sul posto con una pistola e uccise il coccodrillo.
Il bimbo si salvò e, nonostante le sue gambe fossero ferite gravemente, poté di nuovo camminare.
Quando uscì dal trauma, un giornalista domandò al bambino se volesse mostrargli le cicatrici sulle sue gambe.
Il bimbo sollevò la coperta e gliele fece vedere.
Poi, con grande orgoglio si rimboccò le maniche e disse:

“Ma quelle che deve vedere sono queste!”

Erano i segni delle unghie di sua madre che l’avevano stretto con forza.
“Le ho perché la mamma non mi ha lasciato e mi ha salvato la vita!”

Brano senza Autore.

Tu sei la parte più importante della mia giornata!


Tu sei la parte più importante della mia giornata!

“Mamma, guarda!” esclamò Marta, la bambina di sette anni.
“Già, già!” mormorò nervosamente la donna mentre guidava e pensava alle tante cose che l’attendevano a casa.
Poi seguirono la cena, la televisione, il bagnetto, varie telefonate e arrivò anche l’ora di andare a dormire.
“Forza Marta, è ora di andare a letto!”
E lei si avviò di corsa su per le scale.
Stanca morta, la mamma le diede un bacio, recitò le preghiere con lei e le aggiustò le coperte.
“Mamma, ho dimenticato di darti una cosa!”

“Me la darai domattina.” rispose la mamma, ma lei scosse la testa.

“Ma poi domattina non avrai tempo!” esclamò Marta.
“Lo troverò, non preoccuparti!” disse la mamma, un po’ sulla difensiva.
“Buonanotte!” aggiunse e chiuse la porta con decisione.
Però non riusciva a togliersi dalla mente gli occhioni delusi di Marta.
Tornò nella stanza della bambina, cercando di non fare rumore.
Riuscì a vedere che stringeva in una mano dei pezzetti di carta.

Si avvicinò e piano piano aprì la manina di Marta.

La bambina aveva stracciato in mille pezzi un grande cuore rosso con una poesia scritta da lei che si intitolava “Perché voglio bene alla mia mamma.”
Facendo molta attenzione recuperò tutti i pezzetti e cercò di ricostruire il foglio.
Una volta ricostruito il puzzle riuscì a leggere quello che aveva scritto Marta:
“Perché voglio bene alla mia mamma.
Anche se lavori tanto e hai mille cose da fare trovi sempre un po’ di tempo per giocare.
Ti voglio bene mamma perché sono la parte più importante del giorno per te.”

Quelle parole le volarono dritto al cuore.

Dieci minuti più tardi tornò nella camera della bambina portando un vassoio con due tazze di cioccolata e due fette di torta.
Accarezzò teneramente il volto paffuto di Marta.
“Cos’è successo?” chiese la bambina, confusa da quella visita notturna.
“È per te, perché tu sei la parte più importante della mia giornata!” disse dolcemente la mamma.
La bambina sorrise, bevve metà della cioccolata e si riaddormentò.

Brano senza Autore.

Sofia e la fata


Sofia e la fata

Era una bellissima mattina d’inizio autunno.
La piccola Sofia decise di andare a fare una passeggiata nel bosco per cercare le castagne.
La sua mamma le preparò uno spuntino nel caso le venisse fame e le raccomandò di prestare attenzione.
S’inoltrò nel bosco alla ricerca delle castagne.
Ce n’erano proprio tante!
Avrebbe riempito il suo cestino molto presto!
Ad un certo punto, vide una distesa colorata di giallo oro:

non erano le foglie cadute dagli alberi, ma erano cespugli d’erica.

Si ricordò allora di, quando la nonna le raccontava che per incontrare una fata bastava sdraiarsi vicino uno di questi cespugli.
Decise che poteva essere il momento buono per riposarsi un po’ e fare lo spuntino vicino quella distesa dorata:
forse sarebbe anche riuscita ad incontrare una fata, come aveva sempre desiderato!
Iniziò a mangiare, ma della fata nessuna traccia.
Finita la merenda, si alzò un po’ delusa per fa ritorno a casa.
Prima di andar via, prese con se un ramo dorato per regalarlo alla sua mamma.
Staccato il rametto più fiorito, all’improvviso vide che tutto intorno a lei diventava grandissimo, anche il rametto che, infatti, le cadde dalle mani sempre più piccole.

Cosa era mai successo?

La piccola Sofia era diventata uno gnomo!
Le sue orecchie erano a punta, come il cappellino che aveva sulla sua testa.
E adesso?
Come poteva tornare a casa così?
Si mise a piangere disperatamente: pensava alla sua mamma e a quanto avrebbe sofferto nel non vedendola rientrare a casa.
Mentre si disperava, si alzo un venticello che sollevò da terra una nuvola di foglie.
Come il vento si placò, apparve agli occhi di Sofia una fata tutta vestita d’oro, che le disse:
“Ecco qui un altro gnomo da condurre nel mio castello.”
“Ti prego, non portami per favore!” disse Sofia in lacrime “Non so cosa sia successo e perché sono diventata uno gnomo.

Io volevo solo conoscere una fata!

Fammi tornare com’ero, per favore!
Voglio tornare dalla mia mamma!”
La fata raccolse il piccolo gnomo in lacrime e le spiegò perché si era trasformata:
l’erica era la pianta delle fate, e quindi era proibito staccarne un ramo e chiunque l’avesse fatto avrebbe mancato di rispetto alle fate ed era trasformato in uno gnomo.
“Io non lo sapevo!” disse Sofia piagnucolando.
La fata la guardò, sorrise e soffiò dolcemente sullo gnomo:
“Le tue lacrime sono sincere e pure, spezzerò l’incantesimo, ma prometti che d’ora in poi rispetterai non solo l’erica ma tutte le piante del bosco.”
Sofia annuì e tornò bimba.
Prese il suo cestino di castagne e ne regalò per gratitudine un po’ alla fata, poi corse verso casa, ansiosa di riabbracciare la sua mamma.

Brano senza Autore

Il pane della fratellanza


Il pane della fratellanza

Si racconta di una anziana contadina, di nome Giulia, che viveva in una fattoria con i suoi tre figli, Roberto, Michele e Francesco.
Il marito le era morto durante la guerra.
I tre figli, di cuore buono, erano però sempre pronti a litigare.
Si volevano bene ma, bastava una parola in più ed erano litigi senza fine.
A quel punto interveniva Mamma Giulia e ben presto i figli ritrovavano pace.

La mamma divento vecchia, allora i figli si preoccuparono:

“Mamma, cerca di star sempre bene e di non morire, perché quando litighiamo chi rimetterà la pace fra noi?”
“Ma io dovrò pur morire prima o poi.” rispose la mamma
“Allora,” chiesero i figli “inventa qualcosa perché quando tu non ci sarai più noi potremo rifare pace e volerci bene.”
Mamma Giulia pensò a lungo alla cosa e un giorno prese un foglio, vi scrisse come dovevano essere divisi i campi fra i tre figli e aggiunse alcune raccomandazioni perché andassero sempre d’accordo.
La mamma un giorno si ammalò gravemente e dal suo letto chiamò i figli, consegnò loro il suo testamento, poi prese un pane, ne fece tre parti, ne diede una a ciascuno e raccomandò:

“Mangiate e cercate di volervi bene.”

I figli, commossi, mangiarono il pane della mamma, bagnandolo con le loro lacrime.
Di lì a pochi giorni Giulia morì.
Roberto, Michele e Francesco si divisero serenamente i campi e ognuno si mise a lavorare il suo.
Ma un giorno Roberto e Michele scoprirono che il confine fra i loro campi non era chiaro.
Ben presto si misero a litigare.
Stavano per fare a botte, quando arrivò Francesco.
Egli si mise in mezzo a loro:

“Non ricordate la mamma?

Perché non facciamo come quel giorno che ci ha chiamati al suo capezzale?”
Presero un pane, ne fecero tre parti, ne presero una per ciascuno e si misero a mangiare.
Mentre mangiavano nella mente di Roberto e Michele si riaccese l’immagine della mamma; il suo volto e le sue parole scendevano nel loro cuore come una medicina.
Scoppiarono in un pianto dirotto e fecero pace.
La pace non durava molto, perché occasioni di litigio ne incontravano spesso.
Però avevano imparato la soluzione: ogni volta che si creava un’occasione per litigare, i tre fratelli si sedevano attorno ad un tavolo, prendevano un pane, lo mangiavano insieme; ben presto scompariva la rabbia e tornava la pace.

Brano senza Autore.

Il bambino che scriveva sulla sabbia


Il bambino che scriveva sulla sabbia

Un bambino tutti i giorni si recava in spiaggia e scriveva sulla sabbia:
Mamma ti amo!”; poi guardava il mare cancellare la scritta e correva via sorridendo.
Un vecchio triste, passeggiava tutti i giorni su quel litorale e lo vedeva giorno dopo giorno scrivere la stessa frase, e guardare felice il mare portargliela via.

Fra sé e sé pensava:

“Questi bambini, sono così stupidi ed effimeri.”
Un giorno si decise ad avvicinare il bambino, non avrà avuto più di dieci anni, e gli chiese:
“Ma che senso ha che tu scriva “Mamma ti amo!” sulla sabbia che poi il mare te la porta via. Diglielo tu che le vuoi bene.”
Il bambino si alzò, e guardando l’ennesima scritta cancellata dall’acqua salata disse al vecchio:
“Io non ce l’ho la mamma!

Me l’ha portata via Dio, come fa il mare con le mie scritte.

Eppure torno qui ogni giorni a ricordare alla mamma e a Dio che non si può cancellare l’amore di un figlio per la propria madre.”
Il vecchio si inginocchiò, e con le lacrime agli occhi scrisse:
“Nora. Ti amo!” era il nome della moglie appena morta.
Poi prese il bimbo per mano e assieme guardarono la scritta sparire.

Brano tratto dal libro “La persistenza della memoria.” di Alessandro Bon

Il fratellino


Il fratellino

Una giovane madre era in attesa del secondo figlio.
Quando seppe che era una bambina, insegnò al suo bambino primogenito, che si chiamava Michele, ad appoggiare la testolina sulla sua pancia tonda, e cantare insieme a lei una “ninna nanna” alla sorellina che doveva nascere.
La canzoncina, che faceva “Stella stellina, la notte si avvicina…”, piaceva tantissimo al bambino, che la cantava più volte.
Il parto però fu prematuro e complicato.
La neonata fu messa in una incubatrice per cure intensive.

I genitori trepidanti furono preparati al peggio:

la loro bambina aveva pochissime probabilità di sopravvivere.
Il piccolo Michele li supplicava:
“Voglio vederla! Devo assolutamente vederla!”
Dopo una settimana, la neonata si aggravò ancor di più.
La mamma allora decise di portare Michele nel reparto di terapia intensiva della maternità.
Un’infermiera cercò di impedirlo, ma la donna era decisa ed accompagnò il bambino vicino al lettino ingombro di fili e tubicini, dove la piccola lottava per la vita.
Vicino al lettino della sorellina, Michele istintivamente avvicinò il suo volto a quello della neonata e cominciò a cantare sottovoce:

“Stella stellina, la notte si avvicina…”

La neonata reagì immediatamente.
Cominciò a respirare serenamente, senz’affanno.
Con le lacrime agli occhi, la mamma disse:
“Continua, Michele, continua!”
Il bambino continuò.
La bambina cominciò a muovere le braccine.
La mamma e il papà piangevano e ridevano nello stesso tempo, mentre l’infermiera incredula fissava la scena a bocca aperta.
Qualche giorno dopo, la piccola entrò in casa in braccio alla mamma, mentre Michele manifestava rumorosamente la sua gioia!
I medici della clinica, imbarazzati, definirono l’avvenimento con parole difficili.
Ma la mamma e il papà sapevano che era stato semplicemente un miracolo dell’amore di un fratellino per una sorellina tanto attesa.

Brano tratto dal libro “I fiori semplicemente fioriscono.” di Bruno Ferrero