Una storia racconta di due amici che camminavano nel deserto…


Una storia racconta di due amici che camminavano nel deserto…

In qualche momento del viaggio cominciarono a discutere, ed un amico diede uno schiaffo all’altro, questi addolorato, ma senza dire nulla, scrisse nella sabbia:
il mio migliore amico oggi mi ha dato uno schiaffo.

Continuarono a camminare, finché trovarono un’oasi, dove decisero di fare un bagno.

L’amico che era stato schiaffeggiato rischiò di affogare, ma il suo amico lo salvò.
Dopo che si fu ripreso, scrisse su una pietra:

il mio migliore amico oggi mi ha salvato la vita.

L’amico che aveva dato lo schiaffo e aveva salvato il suo migliore amico domandò:
“Quando ti ho ferito hai scritto nella sabbia, e adesso lo fai su una pietra.
Perché?”

L’altro amico rispose:

“Quando qualcuno ci ferisce dobbiamo scriverlo nella sabbia, dove i venti del perdono possano cancellarlo.
Ma quando qualcuno fa qualcosa di buono per noi, dobbiamo inciderlo nella pietra, dove nessun vento possa cancellarlo.”
Impara a scrivere le tue ferite nella sabbia ed ad incidere nella pietra le tue gioie.

Brano senza Autore, tratto dal Web

L’importanza di essere gentili. (La storia di Arturo)


L’importanza di essere gentili. (La storia di Arturo)

Un giorno, quando ancora ero un ragazzino delle superiori, vidi un ragazzo della mia classe che stava tornando a casa da scuola.
Il suo nome era Arturo e sembrava stesse trasportando tutti i suoi libri a casa.
Pensai tra me e me:
“Perché mai uno dovrebbe portarsi a casa tutti i libri di venerdì?
Deve essere un ragazzo strano.”
Io avevo il mio week-end pianificato (feste e una partita di pallone con i miei amici), così scrollai le spalle e mi incamminai.
Camminando vidi un gruppo di ragazzini che correvano incontro ad Arturo.

Si scagliarono contro di lui facendo cadere tutti i suoi libri e lo spinsero facendolo cadere nel fango.

I suoi occhiali volarono via, e li vidi cadere nell’erba un paio di metri più in là.
Lui guardò in su e vidi una terribile tristezza nei suoi occhi.
Mi rapì il cuore!
Così mi avvicinai a lui mentre stava cercando i suoi occhiali e vidi una lacrima nei suoi occhi.
Raccolsi i suoi occhiali e glieli diedi, dicendogli:
“Quei ragazzi sono proprio dei selvaggi, dovrebbero imparare a vivere.”
Arturo mi guardò e disse: “Grazie!”

C’era un grosso sorriso sul suo viso, era uno di quei sorrisi che mostrano vera gratitudine.

Lo aiutai a raccogliere i libri e gli chiesi dove vivesse.
Scoprii che abitava vicino casa mia così gli chiesi come mai non lo avessi mai visto prima.
Parlammo per tutta la strada e io lo aiutai a portare alcuni libri.
Mi sembrò un ragazzo molto carino ed educato così gli chiesi se gli andasse di giocare a calcio con i miei amici e lui disse di sì.
Trascorremmo in giro tutto il week-end e più lo conoscevo più Arturo mi piaceva, così come piaceva ai miei amici.
Arrivò il lunedì mattina ed ecco Arturo con tutta la pila dei libri ancora.

Lo fermai e gli dissi:

“Ragazzo finirà che ti costruirai dei muscoli incredibili con questa pila di libri ogni giorno!”
Egli rise e mi diede metà dei libri.
Nei successivi quattro anni io e Arturo diventammo amici per la pelle.
Una volta adolescenti cominciammo a pensare all’università, Arturo decise per Roma ed io per un’altra città.
Sapevo che saremmo sempre stati amici e che la distanza non sarebbe stata un problema per noi.
Arturo sarebbe diventato un medico mentre io mi sarei occupato di cause e litigi.
Arturo era il primo della nostra classe e io lo prendevo spesso in giro dicendogli di essere un secchione.

Arturo doveva preparare un discorso per il diploma.

Io fui molto felice di non essere al suo posto sul podio a parlare.
Il giorno dei diplomi vidi Arturo, ed aveva un ottimo aspetto.
Lui era uno di quei ragazzi che aveva veramente trovato se stesso durante le scuole superiori.
Si era un po’ riempito nell’aspetto e stava molto bene con gli occhiali.
Aveva qualcosa in più e tutte le ragazze lo amavano.
Oggi era uno di quei giorni, potevo vedere che era un po’ nervoso per il discorso che doveva fare, così gli diedi una pacca sulla spalla e gli dissi:

“Giovane te la caverai alla grande!”

Mi guardò con uno di quegli sguardi (quelli pieni di gratitudine) sorrise e mi disse: “Grazie!”
Iniziò il suo discorso schiarendosi la voce:
“Nel giorno del diploma si usa ringraziare coloro che ci hanno aiutato a farcela in questi anni duri.
I genitori, gli insegnanti, ma più di tutti i tuoi amici.
Sono qui per dire a tutti voi che essere amico di qualcuno è il più bel regalo che voi potete fare.
Voglio raccontarvi una storia proseguì!
Guardai il mio amico Arturo incredulo non appena cominciò a raccontare il giorno del nostro incontro.

Lui aveva pianificato di suicidarsi durante il week-end.

Egli raccontò di come aveva pulito il suo armadietto a scuola, così che la madre non avesse dovuto farlo dopo, e di come si stesse portando a casa tutte le sue cose.
Arturo mi guardò intensamente e fece un piccolo sorriso.
“Ringraziando il cielo fui salvato, il mio amico mi salvò dal fare quel terribile gesto!”
Udii un brusio tra la gente a queste rivelazioni.
Il ragazzo più popolare ci aveva appena raccontato il suo momento più debole.
Vidi sua madre e suo padre che mi guardavano e mi sorridevano, lo stesso sorriso pieno di gratitudine.

Non avevo mai realizzato la profondità di quel sorriso fino a quel momento.

Non sottovalutate mai il potere delle vostre azioni.
Con un piccolo gesto potete cambiare la vita di una persona, in meglio o in peggio.
Dio fa incrociare le nostre vite perché ne possiamo beneficiare in qualche modo.
Cercate il buono negli altri.
“Gli amici sono angeli che ci sollevano i piedi quando le nostre ali hanno problemi nel ricordare come si vola.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

La storia dei tre leoni e della montagna difficile


La storia dei tre leoni e della montagna difficile

C’era un volta, una foresta…
Un giorno il macaco, rappresentante eletto dagli animali, fece una riunione con tutta la combriccola della foresta, e disse:
“Noi sappiamo che il leone è il re degli animali.
Ma c’è un problema: ci sono tre leoni forti.
Ora, quale di loro dobbiamo ossequiare?
Quale, fra loro, sarà il nostro re?”
I tre leoni commentarono fra loro:

“È vero, una foresta non può avere tre re.

Occorre decidere quale di noi sarà il re.”
Ma come fare?
Questa era la grande domanda:
lottare fra loro non volevano, poiché erano molto amici.
Bene, signori leoni, la soluzione sta nella Montagna Difficile.
Abbiamo deciso che dovete scalare la montagna e colui che arriverà per primo in cima, sarà consacrato re.
La Montagna Difficile era la più alta fra tutte, in quella immensa foresta.
La sfida fu accettata.
Deciso il giorno, migliaia di animali circondarono la montagna per assistere alla grande scalata.

Il primo tentò e non ci riuscì.

Il secondo tentò e non ci riuscì.
Il terzo tentò e non ci riuscì.
Gli animali erano curiosi e impazienti.
Infine, quale dei leoni sarà il re, una volta che tutti e tre erano stati sconfitti?
Fu in quel momento che un’aquila, anziana e di grande sapienza, chiese la parola:
“So io chi deve essere il re!
Volavo sopra di loro e ho ascoltato quello che hanno detto sulla montagna, vedendosi sconfitti.”
Il primo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto!”

Il secondo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto!”

Anche il terzo leone aveva detto: “Montagna, mi hai vinto…” ma aggiunse:
“Ma tu, montagna, già hai raggiunto la tua altezza finale, mentre io sto ancora crescendo.”
E l’aquila completò:
“La differenza è che il terzo leone ha avuto un atteggiamento da vincitore davanti alla sconfitta.
E chi pensa così è più grande dei suoi problemi.
È re di se stesso, è pronto per essere il re.”
Gli animali applaudirono entusiasticamente il terzo leone, che fu incoronato re della foresta.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Saper insegnare: L’incredibile storia di Teddy Stoddard



Saper insegnare: L’incredibile storia di Teddy Stoddard

Mentre se ne stava davanti alla sua classe di quinta elementare, il primo giorno di scuola, la maestra disse ai bambini una falsità.
Come la maggior parte degli insegnanti, guardò i suoi studenti e disse che lei li amava tutti allo stesso modo.
Tuttavia, ciò era impossibile perché lì in prima fila, accasciato sulla sedia, c’era un ragazzino di nome Teddy Stoddard.
La signora Thompson aveva osservato Teddy l’anno precedente e aveva notato che non giocava serenamente con gli altri bambini…
I suoi vestiti erano disordinati e spesso avrebbe avuto bisogno di farsi un bagno.

Inoltre, Teddy era scontroso e solitario.

Arrivò il momento in cui la signora Thompson avrebbe dovuto evidenziare in negativo il rendimento scolastico di Teddy; prima però volle consultare i risultati che ogni bambino aveva raggiunto negli anni precedenti; per ultima, esaminò la situazione di Teddy.
Tuttavia, quando vide il suo fascicolo, rimase sorpresa:
in prima elementare il maestro di Teddy aveva scritto:
“Teddy è un bambino brillante con una risata pronta.
Fa il suo lavoro in modo ordinato e ha buone maniere…”

Il suo insegnante, in seconda elementare, aveva scritto:

“Teddy è uno studente eccellente, ben voluto dai suoi compagni di classe, ma è tormentato perché sua madre ha una malattia terminale e la vita in casa deve essere una lotta.”
Il suo insegnante di terza elementare aveva scritto:
“La morte di sua madre è stata dura per lui e tenta di fare del suo meglio, ma suo padre non mostra molto interesse e, se non verranno presi i giusti provvedimenti, il suo contesto famigliare presto lo influenzerà.”
Infine l’insegnante del quarto anno aveva scritto:
“Teddy si è rinchiuso in se stesso e non mostra più interesse per la scuola.

Non ha amici e qualche volta dorme in classe.”

A questo punto, la signora Thompson si rese conto del problema e si vergognò di se stessa.
Si sentì anche peggio quando i suoi studenti le portarono i regali di Natale, avvolti in bellissimi nastri e carta brillante, fatta eccezione per Teddy.
Il suo dono era stato maldestramente avvolto nella pesante carta marrone di un sacchetto di generi alimentari.
La signora Thompson però aprì il regalo prima degli altri.
Alcuni bambini cominciarono a ridere quando videro un braccialetto di strass con alcune pietre mancanti e una bottiglietta di profumo piena per un quarto, ma lei soffocò le risate dei bambini esclamando quanto fosse grazioso il braccialetto e mettendo un po’ di profumo sul polso.
Quel giorno Teddy Stoddard rimase dopo la scuola, giusto il tempo di dire:

“Signora Thompson, oggi profumava come la mia mamma quando usava proprio quel profumo.”

Dopo che i bambini se ne furono andati, la signora Thompson pianse per almeno un’ora; da quel giorno si dedicò veramente ai bambini e non solo per insegnare loro le sue materie.
Prestò particolare attenzione a Teddy e, con la sua vicinanza, la mente del piccolo iniziò a rianimarsi.
Più lei lo incoraggiava, più velocemente Teddy rispondeva.
Alla fine dell’anno, Teddy era diventato uno dei bambini più intelligenti della classe e, nonostante la sua bugia che avrebbe amato tutti i bambini in ugual modo, la maestra si accorse che Teddy divenne uno dei suoi “preferiti.”
Un anno dopo la fine della scuola, la signora Thompson trovò un biglietto sotto la porta: era da parte di Teddy; la lettera diceva che era stata la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua.

Passarono sei anni prima che ricevesse un altro messaggio da Teddy.

Terminato il liceo, terzo nella sua classe, riferiva che la signora Thompson era ancora la migliore insegnante che avesse mai avuto in vita sua.
Quattro anni dopo, ricevette un’altra lettera, dicendo che quando le cose erano difficili, a volte, era rimasto a scuola, si era impegnato al massimo e ora si sarebbe presto laureato al college con il massimo degli onori.
Confermava che la signora Thompson era sempre la migliore insegnante che avesse mai conosciuto in tutta la sua vita, la sua preferita.
Poi passarono altri quattro anni e arrivò ancora un’altra lettera.
Questa volta spiegava che dopo aver ottenuto la laurea, aveva deciso di andare avanti.
La lettera spiegava che lei era ancora la migliore e preferita insegnante che avesse mai avuto, ma ora la sua firma era un po’ più lunga.

La lettera riportava, in bella grafia, Dr. Theodore F. Stoddard.

Ma la storia non finisce qui.
Arrivò ancora un’altra lettera quella primavera.
Teddy scrisse che aveva incontrato una ragazza e stava per sposarsi.
Spiegò che suo padre era morto un paio di anni prima e chiese alla signora Thompson di accompagnarlo al matrimonio facendo le veci della madre dello sposo.
Naturalmente, la signora Thompson accettò.
E indovinate un po’ che fece?
Indossò proprio quel braccialetto, quello con gli strass mancanti, quello che Teddy le aveva regalato; fece anche in modo di mettere il profumo che la madre di Teddy indossava l’ultimo Natale che passarono insieme.

Si abbracciarono e il Dr. Stoddard sussurrò all’orecchio della signora Thompson:

“Grazie signora Thompson per aver creduto in me.
Grazie mille per avermi fatto sentire importante e per avermi mostrato che avrei potuto fare la differenza.”
La signora Thompson, con le lacrime agli occhi, sussurrò:
“Teddy, ti stai sbagliando.
Sei tu quello che mi ha insegnato che potevo fare la differenza: non sapevo come insegnare fino a quando ti ho incontrato.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Gli amici e l’orso


Gli amici e l’orso

Due amici facevano la stessa strada che attraversava una pericolosa e tenebrosa foresta.
Improvvisamente un orso enorme e ringhiante si parò davanti ai due uomini.
Uno, in preda alla paura si arrampicò su un albero e si nascose, l’altro non fece in tempo e accorgendosi di non essere in grado si sfuggire alla bestia feroce si lasciò cadere a terra, fingendo di essere morto.

Sapeva infatti che gli orsi non toccano i morti.

Quando gli arrivò vicino, l’orso lo annusò, gli grugnì negli orecchi, provò a smuoverlo con il muso.
Il poveretto tratteneva il respiro con tutte le sue forze.
L’orso lo credette effettivamente morto e se ne andò.
Appena vide sparire tra gli alberi l’orso, l’altro uomo scese dall’albero su cui si era arrampicato e chiese all’amico:
“Che cosa ti ha detto l’orso all’orecchio?”
“Mi ha detto di non viaggiare più insieme a certi amici, che nel momento del pericolo invece di aiutarmi se la danno a gambe levate.”

L’amore fa ancora molta paura.

Esso chiede il lasciarsi andare, l’abbandono di sé, l’abbandono a sé, la fiducia che abbaglia e non acceca, la donazione assoluta.
Bisognerà render conto della paura e dell’avarizia che impedirono di amare, dell’accecamento e dell’orgoglio che soffocarono gli slanci.
Bisognerà render conto di tutti i gesti non compiuti, delle lacrime ingoiate, dell’amore non dato, delle promesse e del tempo perduto.
Bisognerà pagare per tutte le parole non dette, per tutte le carezze perdute, per tutti i sogni abbandonati.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero

Chi sono io?


Chi sono io?

“Chi sono io?” chiese un giorno un giovane ad un anziano.
“Sei quello che pensi!” rispose l’anziano,

“Te lo spiego con una piccola storia.”

Un giorno, dalle mura di una città, verso il tramonto, si videro sulla linea dell’orizzonte due persone che si abbracciavano.
“Sono un papà e una mamma!” pensò una bambina innocente.
“Sono due amanti!” pensò un uomo dal cuore torbido.
“Sono due amici che s’incontrano dopo molti anni!” pensò un uomo solo.

“Sono due mercanti che hanno concluso un buon affare!” pensò un uomo avido di denaro.

“È un padre che abbraccia un figlio di ritorno dalla guerra!” pensò una donna dall’anima tenera.
“Sono due innamorati!” pensò una ragazza che sognava l’Amore.
“Chissà perché si abbracciano!” pensò un uomo dal cuore asciutto.
“Che bello vedere due persone che si abbracciano!” pensò un uomo di Dio.

“Ogni pensiero rivela a te stesso quello che sei.

Esamina di frequente i tuoi pensieri:
ti possono dire molte più cose su te di qualsiasi maestro!” concluse l’anziano.

Brano tratto dal libro “Cerchi nell’acqua.” di Bruno Ferrero

La leggenda del Ponte dell’Arcobaleno


La leggenda del Ponte dell’Arcobaleno

Lassù nel cielo c’è un luogo chiamato Ponte dell’Arcobaleno.
Quando muore un amico peloso che è stato amato da qualcuno, questi sale su, fino al Ponte dell’Arcobaleno, dove ci sono prati e colline a disposizione dei nostri amici, i quali possono correre e giocare assieme.
C’è tanto cibo, tanta acqua, c’è tanta luce solare ed i nostri amici sono al calduccio e a proprio agio.
Tutti gli animali che si sono ammalati ritrovano la salute ed il vigore, quelli che sono stati feriti tornano intatti e forti, proprio come ce li ricordiamo quando li sogniamo ricordando i bei giorni passati assieme.

Gli animali sono felici e contenti, salvo per una cosa:

manca loro qualcuno che è stato veramente speciale per loro, dal quale hanno dovuto separarsi.
Tutti loro corrono e giocano insieme, ma per ognuno di loro arriva un giorno in cui si fermano e guardano lontano all’orizzonte.
I loro occhi lucenti sono all’erta, i loro corpi palpitanti.
Allora si staccheranno dal gruppo, volando sull’erba verde, con le zampe che li condurranno sempre più velocemente.

Vi hanno avvistato, vi hanno riconosciuto.

Voi ed il vostro amico del cuore vi ritroverete, per non separarvi mai più.
Una pioggia di baci vi ricoprirà il viso, la vostra mano potrà accarezzare di nuovo l’adorata testolina, e potrete guardare di nuovo negli occhi il vostro amico del cuore, che è stato fisicamente lontano da voi ma non è mai stato lontano dal vostro cuore.
E allora attraverserete insieme il Ponte dell’Arcobaleno…

Leggenda Indiana. Brano senza Autore, tratto dal Web

Quello che metti nella vita degli altri tornerà a riempire la tua


Quello che metti nella vita degli altri tornerà a riempire la tua

Un giorno una insegnante chiese ai suoi studenti di fare una lista dei nomi degli altri studenti nella stanza su dei fogli di carta, lasciando un po’ di spazio sotto ogni nome.
Poi disse loro di pensare la cosa più bella che potevano dire su ciascuno dei loro compagni di classe e scriverla.
Ci volle tutto il resto dell’ora per finire il lavoro, ma all’uscita ciascuno degli studenti consegnò il suo foglio.
Quel sabato l’insegnante scrisse il nome di ognuno su un foglio separato, e vi aggiunse la lista di tutto ciò che gli altri avevano detto su di lui/lei.
Il lunedì successivo diede ad ogni studente la propria lista.
Poco dopo, l’intera classe stava sorridendo.
“Davvero?” sentì sussurrare.
“Non sapevo di contare così tanto per qualcuno!” e “Non pensavo di piacere tanto agli altri!” erano le frasi più pronunciate.
Nessuno parlò più di quei fogli in classe, e la professoressa non seppe se i ragazzi l’avessero discussa dopo le lezioni o con i genitori, ma non aveva importanza:
l’esercizio era servito al suo scopo.

Gli studenti erano felici di se stessi e divennero sempre più uniti.

Molti anni più tardi, uno degli studenti venne ucciso in Vietnam e la sua insegnante partecipò al funerale.
Non aveva mai visto un soldato nella bara prima di quel momento:
sembrava così bello e così maturo…
La chiesa era riempita dai suoi amici.
Uno ad uno quelli che lo amavano si avvicinarono alla bara, e l’insegnante fu l’ultima a salutare la salma.
Mentre stava lì, uno dei soldati presenti le domandò:
“Lei era l’insegnante di matematica di Mark?”
Lei annuì, dopodiché lui le disse: “Mark parlava di lei spessissimo!”
Dopo il funerale, molti degli ex compagni di classe di Mark andarono insieme al rinfresco.
I genitori di Mark stavano lì, ovviamente in attesa di parlare con la sua insegnante.
“Vogliamo mostrarle una cosa!” disse il padre estraendo un portafoglio dalla sua tasca.
“Lo hanno trovato nella sua giacca quando venne ucciso.
Pensiamo che possa riconoscerlo.”

Aprendo il portafoglio, estrasse con attenzione due pezzi di carta che erano stati ovviamente piegati, aperti e ripiegati molte volte.

L’insegnante seppe ancora prima di guardare che quei fogli erano quelli in cui lei aveva scritto tutti i complimenti che i compagni di classe di Mark avevano scritto su di lui.
Grazie mille per averlo fatto, disse la madre di Mark.
“Come può vedere, Mark lo conservò come un tesoro.”
Tutti gli ex compagni di classe di Mark iniziarono ad avvicinarsi.
Charly sorrise timidamente e disse “Io ho ancora la mia lista.
E’ nel primo cassetto della mia scrivania a casa.”
La moglie di Chuck disse che il marito le aveva chiesto di metterla nell’album di nozze, e Marilyn aggiunse che la sua era conservata nel suo diario.
Poi Vicky, un’altra compagna, aprì la sua agenda e tirò fuori la sua lista un po’ consumata, mostrandola al gruppo:
“La porto sempre con me, penso che tutti l’abbiamo conservata.”

In quel momento l’insegnante si sedette e pianse.

Pianse per Mark e per tutti i suoi amici che non l’avrebbero più rivisto.
Ci sono così tante persone al mondo che spesso dimenticano che la vita finirà un giorno o l’altro.
E non sanno quando questo accadrà.
Perciò dite alle persone che le amate e che vi importa di loro, che sono speciali e importanti.
Diteglielo prima che sia troppo tardi.
Quello che metti nella vita degli altri tornerà a riempire la tua.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il professore ed il barattolo della vita


Il professore ed il barattolo della vita

Un giorno, durante una lezione, un professore di filosofia, senza dire parola, prese un barattolo grande e vuoto ed iniziò a riempirlo con delle palle da golf.
Subito dopo chiese agli studenti se il barattolo fosse pieno.
Gli studenti furono d’accordo nel rispondere di sì.
Allora il professore prese una scatola di palline di vetro e la versò dentro il barattolo grande.
Le palline di vetro riempirono gli spazi vuoti tra le palle da golf.
Il professore chiese di nuovo agli studenti se il barattolo fosse pieno e loro risposero nuovamente di sì.
Udita la risposta, il professore iniziò a versare dentro il barattolo della sabbia contenuta in un’altra scatola.
Ovviamente la sabbia riempì tutti gli spazi vuoti e il professore chiese ancora se il barattolo fosse pieno.
Gli studenti risposero con un sì unanime.
Il professore, velocemente, aggiunse due tazze di caffè al contenuto del barattolo ed effettivamente riempì tutti gli spazi vuoti tra la sabbia.

Gli studenti risero fragorosamente.

Quando la risata finì il professore disse:
“Voglio che vi rendiate conto che questo barattolo rappresenta la vita: le palle da golf sono le cose importanti come la famiglia, i figli, l’amore, la fede, la salute, gli amici, le cose che ci appassionano.
Sono cose che, anche se perdessimo tutto e ci restassero solo quelle, le nostre vite sarebbero ancora piene.
Le palline di vetro sono le altre cose che ci importano come il lavoro, la casa, la macchina, i soldi, etc.
La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.
Se prima di tutto mettessimo nel barattolo la sabbia, non ci sarebbe posto né per le palle da golf né per le palline di vetro.
La stessa cosa succede con la vita.
Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energie nelle cose piccole, non avremo mai spazio per le cose realmente importanti.
Fate attenzione alle cose che sono cruciali per la vostra felicità: giocate con i vostri figli, prendetevi il tempo per andare dal medico, andate con vostro/a marito/moglie (o con il/la vostro/a fidanzato/a) a cena, praticate il vostro sport o hobby preferito.

Ci sarà sempre tempo per pulire la casa, per riparare la chiavetta dell’acqua.

Occupatevi prima delle palline da golf, delle cose realmente importanti.
Stabilite le vostre priorità, il resto è solo sabbia.”
Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentasse il caffè.
Il professore sorrise e disse:
“Sono contento che tu mi faccia questa domanda.
E’ solo per dimostrarvi che non importa quanto occupata possa sembrare la tua vita, ci sarà sempre posto e tempo per bere un paio di tazzine di caffè con una persona cara.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

La storia del bradipo


La storia del bradipo

Viveva nella foresta tropicale e i suoi ritmi lenti di vita gli permettevano di gioire delle albe e dei tramonti e del trascorrere delle stagioni.
Stava sempre appeso a testa in giù e proprio per questo i suoi occhi riflettevano le stelle nelle calde notti estive, gli arcobaleni dopo i temporali e la profondità dei cieli primaverili.
Per questo sembrava strano agli altri animali:

“E’ troppo lento… E’ troppo quieto…”

“Vive a testa in giù!”
Colpito da questi giudizi si ritirava sui rami sempre più alti evitando la vita frenetica delle radure della foresta.
Un giorno di primavera le grandi ombre delle nuvole correvano sul suolo dove gli animali si muovevano indifferenti…
Senza accorgersi che la più lenta e la più grande era quella del condor che roteava alto nel cielo cercando la preda.
Solo lui, che guardava fisso nel cielo se ne accorse e capì il pericolo.

Allora gridò, gridò più volte…

Gli animali fuggirono in tempo e, per quella volta, il condor volò via senza avere ucciso.
Ora lui ha molti amici e gli animali hanno capito che anche chi vede il mondo capovolto può essere importante.

Brano di Pino Ligabue