La foglia dipinta sul vetro della finestra

La foglia dipinta sul vetro della finestra

La donna era ricoverata da qualche mese nella clinica per malati gravi.
Il suo sguardo stremato indugiava sul grande acero, che poteva vedere dall’ampia finestra della sua camera al secondo piano.
L’autunno si era sbizzarrito a colorare di arancione le foglie, una dopo l’altra.
Poi, giorno dopo giorno, le foglie cominciarono a cadere.
L’albero alzava verso il cielo i rami scuri e spogli come invocazioni.

“L’ultima foglia,”

disse la donna, “quando cadrà l’ultima foglia io morirò!”
La paziente era diventata così debole che riusciva a malapena a sollevare la testa per guardare dalla finestra.
Osservava l’albero dalla mattina alla sera.
Lo faceva avidamente, come se anche lei succhiasse la linfa restante.
Alla fine sull’albero rimase una sola foglia.

La donna la vedeva nitidamente dalla finestra della clinica.

Una notte una forte tempesta spazzò la città, strappando e sconvolgendo alberi, tronchi, rami, semafori e cartelli pubblicitari.
All’alba la donna sentì che il suo ultimo giorno era arrivato.
Si voltò verso la finestra cercando con lo sguardo la foglia.
Era avvenuto un miracolo:
la foglia, quell’ultima foglia era ancora là!
Aveva sfidato la tempesta e aveva vinto!
Un’ondata di speranza travolse la donna.

Fu pervasa da una forza ribelle e selvaggia:

se la fragile foglia era riuscita a resistere alla violenza della bufera, anche lei avrebbe potuto sconfiggere la sua malattia!
Solo dopo che si fu ripresa e dopo che i medici stupiti la dichiararono guarita, la donna seppe che in quella notte tempestosa suo marito aveva dipinto la foglia sul vetro della finestra.

Brano senza Autore

La civetta colorata

La civetta colorata

Un nonno regalò a suo nipote un viaggio-vacanza in Brasile.
L’unica condizione per avere questo era regalo era quella di comprare un pappagallo in Brasile e portarglielo, in modo che lui avesse potuto insegnargli a parlare,

per lenire la sua solitudine di vedovo.

Il nipote tra feste e distrazioni si dimenticò del pappagallo e se ne rese conto solamente una volta rientrato a Milano.
Girò tutti i venditori di uccelli per rimediare, ma ebbe la medesima risposta da tutti i commercianti:
le specie protette non possono essere commercializzate.
Fece un ultimo tentativo ed in questo negozio gli venne suggerito di colorare con colori sgargianti una civetta, contando sulla non buona vista del nonno.

Grande fu l’entusiasmo del nonno per la nuova compagnia

Quando il nipote ritornò dal nonno, un mese dopo, per chiedergli se fosse contento del pappagallo, questo gli rispose di sì.
Aggiunse, inoltre, che il pappagallo stava cambiando la lucentezza delle penne per la cattività, ma dai grandi occhi spalancati si intuiva chiaramente che stava molto attento a quello che gli veniva detto e sperava di avere, a breve, una risposta da parte del pappagallo.

Brano di Dino De Lucchi
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.
Revisione del racconto a cura di Michele Bruno Salerno

La città da colorare


La città da colorare

C’era una volta una piccola città dominata dalle ciminiere di una grande fabbrica.
Il cielo della città era grigio per il fumo, grigio era il colore delle case, grigia la faccia della gente.
I bambini erano pallidi e non avevano mai voglia di giocare.
Un giorno arrivò nella piccola città uno sconosciuto.
Era un uomo giovane, dal sorriso simpatico e gli occhi luminosi.
Portava un voluminoso zaino rosso e blu e, sotto il braccio, un grosso ombrellone giallo.

Lo sconosciuto aprì l’ombrellone nella piazza della città e sotto dispose, in bell’ordine, delle statuine di vetro.

I passanti si fermavano, guardavano le statuine, molti le compravano.
In realtà lo sconosciuto non faceva molto per vendere le sue statuine.
Egli si interessava soprattutto alla gente:
parlava con loro, li ascoltava sorridendo, li incoraggiava…
Finché, un mattino, lo sconosciuto estrasse dalle tasche del suo zaino dei gessetti colorati e si mise a disegnare sul marciapiede grigio una città meravigliosa dai colori splendidi, piena di verde, di gente sorridente, di bambini che giocavano.
Da tutta la città accorreva gente per vedere il magnifico disegno, che riusciva a riempire gli occhi e a riscaldare il cuore.

Quando il disegno fu terminato, lo sconosciuto distribuì fra tutti i presenti i suoi gessetti colorati.

Poi se ne andò.
Nessuno l’ha mai più visto.
La gente della piccola città decise di staccare il marciapiede dal suolo e di esporlo nel museo cittadino perché tutti potessero vedere la città meravigliosa dipinta dallo strano venditore.
Ma pochi avevano voglia di andare al museo e i colori cominciarono a sbiadire.
Presto si dimenticarono di lui.
Ma un giorno alcuni bambini trovarono i gessetti colorati che lo sconosciuto aveva distribuito e cominciarono a riempire di colori e di meravigliosi disegni i muri grigi della città grigia.
Oggi la chiamano: “La piccola città colorata dove la gente sorride!”

Brano tratto dal libro “Altre storie.” di Bruno Ferrero