Una lettera che un nonno ha lasciato ai propri nipoti


Una lettera che un nonno ha lasciato ai propri nipoti

“Cari adorati nipoti,
la mia Rachele mi ha spinto a scrivere una lettera con qualche consiglio per voi, in cui raccontarvi le cose importanti che ho imparato nella mia lunga vita.
L’ho iniziata a scrivere l’8 aprile 2012, alla vigilia del mio 72° compleanno.
Ognuno di voi è un meraviglioso dono di Dio, un dono per la vostra famiglia e per tutto il mondo.
Ricordatelo sempre, soprattutto quando i venti freddi portati dai dubbio e dai momenti tristi arriveranno nella vostra vita.
Non abbiate paura di niente e di nessuno.
Inseguite i vostri sogni, non fatevi scoraggiare dalle difficoltà o da quello che può pensare la gente.
Troppe persone non fanno quello che vogliono e poi passano la vita a giudicare quello che fanno gli altri.
Evitare quei pessimisti acidi che vivono di “se” e “ma”.

Non fatevi condizionare.

La cosa peggiore nella vita è guardare indietro e dire:
“Avrei dovuto… Avrei potuto…”
Prendetevi dei rischi, fate degli errori.
Tutti gli esseri umani sono uguali.
Alcune persone possono indossare cappelli stravaganti o avere grandi titoli o avere (temporaneamente) un grande potere e per questo credono di essere superiori.
Non credeteci.
Hanno i vostri stessi dubbi, le stesse paure e le stesse speranze, mangiano, bevono, dormono e russano come tutti gli altri.
Fate un elenco di tutto ciò che volete fare nella vita: viaggi in luoghi lontani, imparare un mestiere o una lingua, incontrare qualcuno di speciale.

Fate alcune di queste cose ogni anno.

Non dite mai:
“Lo farò domani. Non c’è un giorno “giusto” per iniziare qualcosa, ora è il momento giusto.”
Siate altruisti andate nel mondo ad aiutare le persone, soprattutto i più deboli, i paurosi e i bambini.
Ognuno porta dentro di sé un grande dolore e ognuno ha bisogno di compassione.
Non unitevi mai all’esercito o a qualunque organizzazione che tenti di uccidervi.
La guerra è un male.
Tutte le guerre sono iniziate con vecchi uomini che costringevano i giovani ad odiarsi e ad uccidersi tra loro.
Leggete libri, il maggior numero che potete.
Sono una meravigliosa fonte di gioia, saggezza e ispirazione.

Siate sinceri con tutti ma soprattutto con voi stessi.

Viaggiate sempre ma soprattutto durante la giovinezza.
Non aspettate di avere abbastanza soldi o fino a quando tutto sarà organizzato perfettamente.
Questo non succederà mai.
Scegliete la professione che amate.
Un posto di lavoro deve essere una gioia, non lavorate solo per il denaro, la vostra anima verrà paralizzata.
Non urlate.
Non serve, mai, fa male a voi stessi e gli altri.
Ogni volta che ho urlato ho fallito.
Mantenete sempre le promesse che fate ai bambini.

Non dite “vedremo” quando si intende “no.”

I bambini vogliono la verità.
Dite loro la verità con amore e gentilezza.
Non dite a nessuno che lo amate se non è vero.
Vivete in armonia con la natura: state all’aria aperta, nei boschi, in montagna, al mare, nel deserto.
E’ importante per l’anima.
Abbracciate le persone che amate.
Dite loro quanto sono importanti per voi ora, non aspettare che sia troppo tardi.
Siate grati ogni giorno al Signore per quello che avete.”

Nonno James.

Brano senza Autore, tratto dal Web

La storia di Rob


La storia di Rob

Rob è il tipo di persona che ti fa piacere odiare:
è sempre di buon umore ed ha sempre qualcosa di positivo da dire.
Quando qualcuno gli chiede come va, lui risponde:
“Se andasse meglio di cosi, sarei due persone!”
È un ottimista.
Se un collega ha un giorno no, Rob riesce sempre a fargli vedere il lato positivo della situazione.
Vederlo mi incuriosiva e così un giorno gli chiesi:
“Io non capisco, non è possibile essere ottimisti ogni giorno, come fai?”

Rob mi rispose:

“Ogni giorno mi sveglio e mi dico, oggi avrò due possibilità.
Posso scegliere di essere di buon umore o posso scegliere di essere di cattivo umore.
E scelgo di essere di buon umore.
Quando mi succede qualcosa di brutto io posso scegliere di essere una vittima o di imparare da ciò.
Ed io scelgo di imparare.
Ogni volta che qualcuno viene da me a lamentarsi per qualcosa, io posso scegliere di accettare le lamentele, o posso scegliere di aiutarlo a vedere il lato positivo della vita.
Ed io scelgo il lato positivo della vita.”
“Ma non è sempre così facile” gli dissi.

“Sì, lo è;” disse Rob, “la vita è tutta una questione di scelte.

Quando tagli via tutto ciò che non conta, è tutta una questione di scelte.
Sta a te scegliere come reagire alle situazioni, sta a te decidere come lasciare che gli altri influenzino il tuo umore.
Tu scegli se essere di buon umore o di cattivo umore.
Alla fine sei tu a decidere come vivere la tua vita.”
Dopo quella conversazione ci perdemmo di vista perché io cambiai lavoro, ma spesso mi ritrovai a pensare alle sue parole, quando dovevo fare una scelta nella mia vita, invece di reagire agli eventi.
Ho saputo che Rob aveva avuto un brutto incidente sul lavoro, era caduto da 18 metri di altezza, e dopo 18 ore di sala operatoria fu dimesso dall’ospedale con una piastra d’acciaio nella schiena.

Sono andato a trovarlo e gli ho chiesto come si sentisse:

“Se stessi meglio sarei due persone,” mi rispose, “vuoi vedere le mie cicatrici?”
“Ma come fai,” gli chiesi, “ad essere così positivo dopo quello che ti è successo?”
“Mentre stavo cadendo, la prima cosa che mi è venuta in mente è stata la mia bimba.
Poi mentre giacevo per terra, mi sono detto che potevo scegliere di vivere o di morire.
Ed ho scelto di vivere.”
“Ma non hai mai avuto paura?” aggiunsi.
“Sì, quando mi hanno portato in ospedale ed ho visto l’espressione sul viso dei medici e degli infermieri, ho avuto paura, perché era come se guardassero un uomo morto!

Poi un’infermiera mi ha chiesto se avessi allergie, ed io risposi si.

Tutti mi guardarono, ed io urlai: sono allergico alla gravità!”
Tutti scoppiarono a ridere, ed io dissi:
“Ed ora operatemi da uomo vivo, non come se fossi già morto.”
Rob mi ha insegnato che ogni giorno abbiamo la possibilità di scegliere di vivere la vita pienamente.
Quindi è inutile preoccuparsi sempre per il domani, perché ogni giorno ha i suoi problemi su cui scegliere di vivere, e domani penseremo ai problemi di domani.
Dopotutto, oggi e il domani di cui ti preoccupavi ieri.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Dedicato alle mamme… Ed anche alle nonne!


Dedicato alle mamme… Ed anche alle nonne!

Quando sei venuto al mondo, lei ti ha accolto tra le braccia, tu l’hai ringraziata gridando.
Quando avevi 1 anno, lei ti ha dato da mangiare e ti ha pulito, tu l’hai ringraziata piangendo per notti intere.
Quando avevi 2 anni, lei ti insegnò a camminare, tu la ringraziasti scappando quando ti chiamava.
Quando avevi 3 anni, lei ti preparava da mangiare con amore, tu la ringraziavi facendo cadere i piatti sul pavimento.
Quando avevi 4 anni, lei ti comprò alcuni pennarelli colorati, tu la ringraziasti scrivendo sui muri della sala da pranzo.
Quando avevi 5 anni, lei ti vestiva bene per le occasioni speciali, tu la ringraziavi camminando nelle pozzanghere della via.
Quando avevi 6 anni, lei ti accompagnava a scuola, tu la ringraziavi gridandole: non voglio andare!

Quando avevi 7 anni, lei ti regalò un pallone, tu la ringraziasti calciandolo nella finestra del vicino.

Quando avevi 8 anni, lei ti comprò un gelato, tu la ringraziasti rovesciandolo sulla sua gonna.
Quando avevi 9 anni, lei ti pagò le lezioni di piano, tu la ringraziasti non frequentandole.
Quando avevi 10 anni, lei ti scarrozzava in macchina da tutte le parti: a scuola, alla partita di calcio, alle feste di compleanno e ad ogni altra festa, tu la ringraziavi scendendo sempre dalla macchina senza mai voltarti indietro.
Quando avevi 11 anni, lei accompagnava te e i tuoi amici al cinema, tu la ringraziavi dicendole di sedersi in un’altra fila.
Quando avevi 12 anni, ti consigliò di non guardare alla tv certi programmi, tu la ringraziasti sperando che lei se ne stesse a lungo fuori casa.
Quando avevi 13 anni, lei ti regalò un giaccone in pelle, tu la ringraziasti dicendole che non aveva gusto.

Quando avevi 14 anni, ella ti pagò un mese di vacanze estive in campeggio, tu la ringraziasti dimenticandoti di mandarle una cartolina.

Quando avevi 15 anni, tornava dal lavoro e avrebbe voluto abbracciarti, tu la ringraziasti chiudendo a chiave la tua stanza.
Quando avevi 16 anni, ti insegnò a guidare la sua macchina, tu la ringraziasti usandola ogni volta che potevi.
Quando avevi 17 anni, lei aspettava una telefonata importante, tu la ringraziasti occupando il telefono tutta notte.
Quando avevi 18 anni, lei pianse alla festa del tuo diploma, tu la ringraziasti restando alla festa fino all’alba.
Quando avevi 19 anni, lei ti pagò le tasse dell’università, ti accompagnò al campus trasportando i tuoi bagagli, tu la ringraziasti salutandola fuori della tua stanza, per non vergognarti davanti ai tuoi amici.
Quando avevi 20 anni, ti domandò se stavi uscendo con una ragazza, tu la ringraziasti dicendole: non ti interessa!

Quando avevi 21 anni, lei ti propose alcune strade per il futuro, tu la ringraziasti dicendole: non voglio essere come te !

Quando avevi 22 anni, ti abbracciò alla festa di laurea, tu la ringraziasti chiedendole una vacanza premio per l’Europa.
Quando avevi 23 anni, lei ti diede dei mobili per il tuo primo appartamento, tu la ringraziasti dicendo ai tuoi amici che erano brutti.
Quando avevi 24 anni, conobbe la tua futura sposa, e le domandò dei progetti per il futuro, tu la ringraziasti gridandole ferocemente: taci !
Quando avevi 27 anni, ti aiutò a pagar le spese del matrimonio, e piangendo ti diceva che ti amava moltissimo, tu la ringraziasti trasferendoti in un altro paese.
Quando avevi 30 anni, lei ti diede alcuni consigli per tuo figlio appena nato, tu la ringraziasti dicendo che le cose non erano più come una volta.
Quando avevi 40 anni, ti chiamò per ricordarti il compleanno di papà, tu la ringraziasti dicendo che eri molto occupato.
Quando avevi 50 anni, lei si ammalò e necessitò di cure, tu la ringraziasti discutendo sugli obblighi dei genitori verso i figli.

Improvvisamente, un giorno, lei morì.

Tutto ciò che non avevi fatto per lei, ti cadde addosso come fulmine e tempesta.
Prenditi un momento per pensare.
Rendi onore e omaggio, dimostra quanto ami colei che chiami mamma.
Non c’è sostituto alcuno per lei.
E anche se non sempre la si può considerare la migliore amica, anche se il suo modo di pensare non s’accorda con il tuo, lei è sempre la mamma.
Domandati: hai avuto tempo per star con lei, per ascoltare le sue lamentele, per alleviare le sue stanchezze?
Sii prudente e generoso.
Portale il debito rispetto.
Quando lei avrà lasciato questo mondo, ti resteranno solo bei ricordi di colei che hai chiamato mamma.

Evviva le mamme!
Brano senza Autore

La coperta


La coperta

La piccola coperta bianca che lo aveva scaldato nella culla non lo aveva lasciato.
Era minuscola, un po’ lisa, e lo accompagnava dovunque.
Se proprio era costretto a starle lontano, il bambino pretendeva che il piccolo rettangolo di stoffa bianca fosse in un luogo visibile.
Piegata o arrotolata nello zainetto colorato lo seguiva a scuola.

La piccola coperta bianca era come la sua ombra.

Quando, dopo mille insistenze, la mamma riusciva convincerlo a mettere la coperta in lavatrice, il bambino si sedeva inquieto davanti all’oblò dello sportello e aspettava, senza perderla d’occhio un istante.
La sorellina di poco più grande lo canzonava per questa mania, ma al bambino non importava.
La coperta era il suo talismano segreto, il suo scudo, la sua protezione.
Un giorno, il papà annunciò che per motivi di lavoro doveva affrontare un lungo viaggio in aereo.

Per il bambino era una novità.

La vigilia della partenza, trascinando la sua coperta, seguì preoccupato tutti gli spostamenti del papà, fissandolo con apprensione durante la preparazione della valigia.
“Papà, non cadono mai gli aerei?” chiese preoccupato il bambino.
“Quasi mai!” rispose il papà.
“Quello che prendi tu è un aereo bello grosso, vero?” prosegui il bambino.
“Certo. Il più grosso di tutti.” lo rassicurò il papà.
“E sta su anche se c’è la bufera?” chiese ancora il bambino.
“Di sicuro.” e così dicendo il papà cercò di tranquillizzare il bimbo.
“Tu però stai attento. C’è il paracadute?” riprese nuovamente il bimbo.
“Ma sì, bimbo mio.” esclamò dolcemente il papà.
Il padre partì e l’aereo arrivò in orario.
L’uomo si sistemò in albergo, ma quando aprì i bagagli rimase di stucco.
In cima a tutto, nella valigia, c’era la piccola coperta bianca del suo bambino.

Allarmato, telefonò immediatamente alla moglie:

“E’ capitata una cosa terribile, non so come sia potuto succedere ma la coperta del bambino è qui nella mia valigia!
Come facciamo?”
“Stai tranquillo!” rispose la moglie.
“Poco fa il bambino mi ha detto:
Non preoccuparti, mamma.
Ho dato a papà la mia coperta:
non gli succederà niente!”

Brano tratto dal libro “Diciassette storie col nocciolo.” di Bruno Ferrero

Se tornassi a vivere


Se tornassi a vivere

Qualcuno mi ha chiesto giorni fa se, potendo rinascere, avrei vissuto la vita in maniera diversa.
Lì per lì ho risposto di no, poi ci ho pensato un po’ su e…
Potendo rivivere la mia vita, avrei parlato meno ed ascoltato di più.
Non avrei rinunciato ad invitare a cena gli amici soltanto perché il mio tappeto aveva qualche macchia e la fodera del divano era stinta.
Avrei mangiato briciolosi panini nel salotto buono e mi sarei preoccupata molto meno dello sporco prodotto dal caminetto acceso.
Avrei trovato il tempo di ascoltare il nonno quando rievocava gli anni della sua giovinezza.

Non avrei mai preteso in un giorno di estate, che i finestrini della macchina fossero alzati perché avevo appena fatto la messa in piega.

Non avrei lasciato che la candela a forma di rosa si sciogliesse, dimenticata, nello sgabuzzino.
L’avrei consumata io a forza di accenderla.
Mi sarei stesa sul prato con i bambini senza badare alle macchie d’erba sui vestiti.
Avrei pianto e riso di meno guardando la televisione e di più osservando la vita.
Avrei condiviso maggiormente le responsabilità di mio marito.
Mi sarei messa a letto quando stavo male, invece di andare febbricitante al lavoro, quasi che, mancando io dall’ufficio, il mondo si sarebbe fermato.
Invece di non vedere l’ora che finissero i nove mesi della gravidanza, ne avrei amato ogni attimo, consapevole del fatto che la cosa stupenda che mi viveva dentro era la mia unica occasione di collaborare con Dio alla realizzazione di un miracolo.

A mio figlio che mi baciava con trasporto non avrei detto:

“Su, su, basta.
Va a lavarti che la cena è pronta.”
Avrei detto più spesso:
“Ti voglio bene!” e meno spesso:
“Mi dispiace!”
Ma soprattutto, potendo ricominciare tutto daccapo, mi impadronirei di ogni minuto…
Lo guarderei fino a vederlo veramente…
Lo vivrei…
E non lo restituirei mai più.

Brano di Erma Bombeck

Il professore ed il contadino


Il professore ed il contadino

Un professore universitario stanco del proprio lavoro intellettuale decise di passare le vacanze in una fattoria.
In cambio dell’alloggio, si accordò con il contadino per eseguire qualche lavoro manuale.
Il primo giorno il contadino chiese al professore di svuotare il letame in fondo alla stalla e di spargerlo sul campo dietro la fattoria.
Alla sera quando il contadino ritornò dai campi trovò con grande meraviglia il lavoro già fatto.
Il secondo giorno il contadino chiese al professore di raccogliere e contare tutte le balle di fieno presenti nel terreno.

Alla fine della giornata quando il contadino tornò dai campi trovò il lavoro perfettamente eseguito.

Il terzo giorno il contadino, un po’ vergognandosi del lavoro pesante proposto al professore nei giorni precedenti, gli chiese di fare un’attività più modesta:
dividere le mele grosse dalle mele piccole e scartare le mele marce.
Quando il contadino alla sera ritornò dai campi, con grande meraviglia, vide che nulla era stato fatto.
Trovò il professore con in mano una mela che disse:
“È piccola o grossa?”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Le tazzine di caffè ed i professori


Le tazzine di caffè ed i professori

Un gruppo di professori, tutti con posizioni di successo nelle rispettive carriere, s’incontrò per far visita al loro vecchio insegnante.
Dopo i convenevoli gli argomenti di discussione ruotarono subito sullo stress prodotto dal lavoro e dalla vita in genere.
Ognuno portava nella discussione la propria esperienza, lamentando tutti i difetti della posizione sociale e lavorativa che ricopriva.
L’anziano professore padrone di casa offrì loro del caffè.
Andò in cucina poi tornò con una caffettiera grande e una selezione di tazzine da caffè molto varia:
c’erano tazzine di porcellana, tazzine di plastica e tazzine di cristallo;
alcune erano molto semplici ed essenziali, altre finemente decorate;
alcune tazzine avevano la comune forma di tazzina da caffè, altre invece avevano stile e design unici o bizzarri.

Tranquillamente chiese ai suoi ospiti di scegliere liberamente una tazzina e di servirsi autonomamente il caffè appena preparato.

Quando tutti ebbero versato il caffè, il vecchio insegnante si schiarì la gola e con molta calma e pazienza parlò al gruppo:
“Vi sarete resi conto che le tazzine che apparivano migliori sono finite prima di quelle che erano semplici e rozze.
Questo è naturale, poiché ognuno preferisce scegliere il meglio per sé.
Ed è questo il motivo dei vostri molti problemi.”
Dopo una brevissima pausa, continuò:
“Le tazzine non cambiano la qualità del caffè.
Infatti, la tazzina si limita a contenere o rivestire ciò che beviamo.
Quello che a voi interessava era il caffè, non la tazza; ma istintivamente avete cercato il rivestimento più bello.

Ora, provate a guardare le tazze degli altri.

Pensate a questo: la vita è il caffè.
La fatica sono i soldi.
La posizione sociale è una semplice tazza, che fornisce forma e supporto.
Il tipo di tazza che abbiamo non definisce e non cambia in realtà la qualità della nostra vita.
Perciò, se ci concentriamo solo sulla tazza, non riusciamo a gustare il caffè!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il professore ed il barattolo della vita


Il professore ed il barattolo della vita

Un giorno, durante una lezione, un professore di filosofia, senza dire parola, prese un barattolo grande e vuoto ed iniziò a riempirlo con delle palle da golf.
Subito dopo chiese agli studenti se il barattolo fosse pieno.
Gli studenti furono d’accordo nel rispondere di sì.
Allora il professore prese una scatola di palline di vetro e la versò dentro il barattolo grande.
Le palline di vetro riempirono gli spazi vuoti tra le palle da golf.
Il professore chiese di nuovo agli studenti se il barattolo fosse pieno e loro risposero nuovamente di sì.
Udita la risposta, il professore iniziò a versare dentro il barattolo della sabbia contenuta in un’altra scatola.
Ovviamente la sabbia riempì tutti gli spazi vuoti e il professore chiese ancora se il barattolo fosse pieno.
Gli studenti risposero con un sì unanime.
Il professore, velocemente, aggiunse due tazze di caffè al contenuto del barattolo ed effettivamente riempì tutti gli spazi vuoti tra la sabbia.

Gli studenti risero fragorosamente.

Quando la risata finì il professore disse:
“Voglio che vi rendiate conto che questo barattolo rappresenta la vita: le palle da golf sono le cose importanti come la famiglia, i figli, l’amore, la fede, la salute, gli amici, le cose che ci appassionano.
Sono cose che, anche se perdessimo tutto e ci restassero solo quelle, le nostre vite sarebbero ancora piene.
Le palline di vetro sono le altre cose che ci importano come il lavoro, la casa, la macchina, i soldi, etc.
La sabbia è tutto il resto: le piccole cose.
Se prima di tutto mettessimo nel barattolo la sabbia, non ci sarebbe posto né per le palle da golf né per le palline di vetro.
La stessa cosa succede con la vita.
Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energie nelle cose piccole, non avremo mai spazio per le cose realmente importanti.
Fate attenzione alle cose che sono cruciali per la vostra felicità: giocate con i vostri figli, prendetevi il tempo per andare dal medico, andate con vostro/a marito/moglie (o con il/la vostro/a fidanzato/a) a cena, praticate il vostro sport o hobby preferito.

Ci sarà sempre tempo per pulire la casa, per riparare la chiavetta dell’acqua.

Occupatevi prima delle palline da golf, delle cose realmente importanti.
Stabilite le vostre priorità, il resto è solo sabbia.”
Uno degli studenti alzò la mano e chiese cosa rappresentasse il caffè.
Il professore sorrise e disse:
“Sono contento che tu mi faccia questa domanda.
E’ solo per dimostrarvi che non importa quanto occupata possa sembrare la tua vita, ci sarà sempre posto e tempo per bere un paio di tazzine di caffè con una persona cara.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po’ bruciato!


Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po’ bruciato!

Dopo un lungo e duro giorno di lavoro, mia mamma mise un piatto con salsicce e pane tostato, molto bruciato, davanti al mio papà.
Ricordo che stavo aspettando che lo notasse!
Nonostante mio padre lo avesse notato, prese una fetta di pane tostato, sorrise a mia madre e mi chiese come era andata a scuola.
Non ricordo cosa gli risposi, però mi ricordo il vederlo spalmare burro e marmellata sul pane tostato e mangiarlo tutto.
Quando mi alzai da tavola, quella sera, ricordo aver sentito mia madre chiedere scusa a mio padre per il pane tostato molto bruciato.
Mai dimenticherò quello che gli disse:
“Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po’ bruciato!”

Più tardi, quella sera, andai a dare il bacio della buona notte a mio padre e gli chiesi se veramente gli piaceva il pane tostato bruciato.
Egli mi abbracciò e mi fece questa riflessione:
“La tua mamma ha avuto un giorno molto duro nel lavoro, è molto stanca, ed inoltre un pane tostato un po’ bruciato non fa male a nessuno.”
La vita è piena di cose imperfette.
Imparare ad accettare i difetti e decidere di apprezzare ognuna delle differenze degli altri, è una delle cose più importanti per creare una relazione sana e duratura.
La comprensione e la tolleranza sono la base di ogni buona relazione.
Sii più gentile di quanto ritieni necessario esserlo perché tutte le persone, in questo momento, stanno lottando qualche tipo di battaglia.

Tutti abbiamo problemi e tutti stiamo imparando a vivere, ed è molto probabile che non ci basti una vita per imparare il necessario.
Il viaggio verso la felicità non è diritto.
Esistono curve chiamate equivoci, esistono semafori chiamati amici, luci di posizione chiamate famiglia, e tutto si raggiunge se hai:
una ruota di scorta chiamata decisione, un potente motore chiamato comprensione, una buona assicurazione chiamata fede, abbondante combustibile chiamato pazienza, e soprattutto un autista esperto chiamato amore!


Brano tratto di Lin Yutang