La stretta de mano

La stretta de mano

Quela de da’ la mano a chissesia
nun è certo un’usanza troppo bella:
te pô succede ch’hai da strigne quella
d’un ladro, d’un ruffiano o d’una spia.

Deppiù la mano, asciutta o sudarella,

quanno ha toccato quarche porcheria,
contiè er bacillo d’una malatia
che t’entra in bocca e va ne le budella.

Invece, a salutà romanamente,

ce se guadagna un tanto co’ l’iggene
eppoi nun c’è pericolo de gnente.

Perché la mossa te viè a di’ in sostanza:

— Semo amiconi… se volemo bene…
ma restamo a una debbita distanza.

Brano di Trilussa

La pace verrà… se…

La pace verrà… se…
La pace verrà… se…

… tu credi che un sorriso è più forte di un’arma.
… tu credi alla forza di una mano tesa.
… tu credi che ciò che riunisce gli uomini è più importante di ciò che li divide.
… tu credi che essere diversi è una ricchezza e non un pericolo.
… tu sai scegliere tra la speranza o il timore.
… tu pensi che sei tu che devi fare il primo passo piuttosto che l’altro, allora …

La pace verrà… se…

… lo sguardo di un bambino disarma ancora il tuo cuore.
… tu sai gioire della gioia del tuo vicino.
… l’ingiustizia che colpisce gli altri ti rivolta come quella che subisci tu.
… per te lo straniero che incontri è un fratello.
… tu sai donare gratuitamente un po’ del tuo tempo per amore.
… tu sai accettare che un altro ti renda un servizio.
… tu dividi il tuo pane e sai aggiungere ad esso un pezzo del tuo cuore, allora …

La pace verrà… se…

… tu credi che il perdono ha più valore della vendetta.
… tu sai cantare la gioia degli altri e dividere la loro allegria.
… tu sai accogliere il misero che ti fa perdere tempo e guardarlo con dolcezza.
… tu sai accogliere e accettare un fare diverso dal tuo.
… tu credi che la pace è possibile, allora …

La pace verrà!

Poesia di Charles de Foucauld

Costruire fortezze (L’amicizia)

Costruire fortezze
(L’amicizia)

C’era una volta un sovrano potente.
Sapeva che il numero dei giorni che gli restavano da vivere diminuiva inesorabilmente.
Che cosa sarebbe diventato il suo bell’impero, quando sarebbe stato costretto ad abbandonarlo con tutti i nemici che lo circondavano da ogni lato?
Che avrebbe potuto fare il giovane principe, quel figlio troppo giovane e inesperto che il sovrano aveva avuto, ahimè, in tarda età?
Dove poteva rifugiarsi?

Chi lo avrebbe protetto?

Questo pensieri tormentavano il vecchio re, tanto che un giorno disse al principe:
“Figlio mio, io non regnerò più per molto tempo e ignoro ciò che accadrà dopo la mia morte.
Ci sono molti nemici intorno al trono.
Ho tanta paura per l’impero che ho costruito e anche per te.
Morirei tranquillo se sapessi che hai un rifugio sicuro che ti protegga in caso di pericolo.
Per questo ti consiglio di andare per il regno e di costruire fortezze in tutti gli angoli possibili, per tutti i confini del paese!”

Obbediente, il giovane si mise immediatamente in cammino.

Percorse tutto il paese, per monti e valli, e dove trovava il posto conveniente, faceva costruire grandi fortezze solide e imponenti.
Le fortezze sorsero nelle profondità delle foreste, nelle valli più nascoste, sulla sommità delle colline, nei deserti, in riva ai fiumi e sui fianchi delle montagne.
Questo costò molto denaro, ma il principe non badava a spese:
erano in gioco la sua vita e il suo trono.
Dopo un certo tempo, il giovane ritornò nel palazzo del re suo padre.
Stanco, dimagrito, ma soddisfatto d’aver portato a termine il compito, corse a presentarsi dal padre.

“Ebbene, figlio mio, com’è andata?

Hai fatto ciò che io ti avevo detto?” gli domandò il re.
“Sì, padre.” rispose il principe, “In tutto il paese si innalzano fortezze imprendibili:
nei deserti, sulle montagne, nel profondo delle foreste!”
Ma il vecchio re, il più potente che la storia abbia mai conosciuto, invece di congratularsi con il figlio per tutti i suoi sforzi, scuoteva la testa come in preda ad un forte dispiacere.
“Non è questo, figlio mio, che avevo in mente io, devi tornare indietro e ricominciare!” esclamò il re che poi aggiunse:
“Le fortezze che tu hai costruito non ti proteggeranno assolutamente in caso di pericolo:
tu sarai solo e non per quei muri e quelle pietre potrai sfuggire alle imboscate e alle trappole dei tuoi nemici.

Tu devi costruirti dei rifugi nel cuore delle persone oneste e buone.

Devi cercare queste persone e guadagnarti la loro amicizia; soltanto allora saprai dove rifugiarti nei momenti difficili.
Là dove un uomo ha un amico sincero, là trova un tetto sotto cui ripararsi.”
Il principe si rimise in cammino.
Non più per i deserti, i dirupi, le foreste selvagge, ma per andare verso la gente, tra loro, per costruire dei rifugi come immaginava suo padre, il vecchio re pieno di saggezza.
E questo richiese molti più sforzi e fatiche, ma il principe non li rimpianse mai, perché, quando dopo un certo tempo il vecchio sovrano si spense e lasciò questo mondo, il principe non aveva più nessun nemico da temere.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

I due blocchi di ghiaccio

I due blocchi di ghiaccio

C’erano una volta due blocchi di ghiaccio.
Si erano formati durante il lungo inverno, all’interno di una grotta di tronchi, rocce e sterpaglie in mezzo ad un bosco sulle pendici di un monte.
Si fronteggiavano con ostentata reciproca indifferenza.
I loro rapporti erano di una certa freddezza.
Qualche “buongiorno,” qualche “buonasera.”

Niente di più.

Non riuscivano cioè a “rompere il ghiaccio!”
Ognuno pensava dell’altro:
“Potrebbe anche venirmi incontro.”
Ma i blocchi di ghiaccio, da soli, non possono né andare né venire.
Ma non succedeva niente e ogni blocco di ghiaccio si chiudeva ancora di più in se stesso.
Nella grotta viveva un tasso.

Un giorno sbottò:

“Peccato che ve ne dobbiate stare qui.
È una magnifica giornata di sole!”
I due blocchi di ghiaccio scricchiolarono penosamente.
Fin da piccoli avevano appreso che il sole era il grande pericolo.
Sorprendentemente quella volta, uno dei due blocchi di ghiaccio chiese:
“Com’è il sole?”
“È meraviglioso, è la vita!” rispose il tasso.
“Puoi aprirci un buco nel tetto della tana…
Vorrei vedere il sole…” disse l’altro.

Il tasso non se lo fece ripetere.

Aprì uno squarcio nell’intrico delle radici e la luce calda e dolce del sole entrò come un fiotto dorato.
Dopo qualche mese, un mezzodì, mentre il sole intiepidiva l’aria, uno dei blocchi si accorse che poteva fondere un po’ e liquefarsi diventando un limpido rivolo d’acqua.
Si sentiva diverso, non era più lo stesso blocco di ghiaccio di prima.
Anche l’altro fece la stessa meravigliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi di ghiaccio sgorgavano due ruscelli d’acqua che scorrevano all’imboccatura della grotta e, dopo poco, si fondevano insieme formando un laghetto cristallino, che rifletteva il colore del cielo.
I due blocchi di ghiaccio sentivano ancora la loro freddezza, ma anche la loro fragilità e la loro solitudine, la preoccupazione e l’insicurezza comuni.
Scoprirono di essere fatti allo stesso modo e di aver bisogno in realtà l’uno dell’altro.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Dilemma

Dilemma

Ridere è correre il rischio… di passare per stupido!
Piangere è correre il rischio… di passare per sentimentale!

Pretendere da qualcuno è correre il rischio… di impegnarsi!

Esternare i propri sentimenti è correre il rischio… di essere rifiutato!
Esporre i tuoi sogni davanti alla gente è correre il rischio… di essere ridicoli!
Amare è correre il rischio… di non essere corrisposto!

Darsi da fare nelle avversità è correre il rischio… di sbagliare!

Però i rischi si devono prendere, perché il pericolo più grande nella vita è quello di non rischiare mai.
La persona che non rischia niente, non fa niente, non possiede niente, non è… niente!
Deve evitare di soffrire e di penare.
Però non può imparare, sentire, cambiare, crescere o amare.

È uno schiavo incatenato dalle sue incertezze.

Solo la persona che sa rischiare… è libera!
Che la tua vita sia sempre… A colori.

Brano senza Autore, tratto dal Web

I bambini sono un miracolo!

I bambini sono un miracolo!

Un bambino risponde “grazie” perché ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perché gli insegni a dirlo.
Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso lui abbia bisogno di te.
Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura.
Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia, non sostituirti a lui, ricorda che la sua implicita richiesta è “aiutami a fare da solo.”
Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele, purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti.
Avrai modo più tardi di spiegargli l’importanza del darti ascolto, soprattutto in situazioni che possono diventare pericolose.

Lui capirà.

Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la lettura), ma perché è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.
Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.
Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori.
L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.
“Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così!” è una frase da non dire mai.
Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci; provate a portarlo il più possibile nella natura.

Un bambino troppo pulito non è un bambino felice.

La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve, sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto.
Un bambino che si veste da solo abbinando il rosso, l’azzurro e il giallo, non è malvestito ma è un bambino che sceglie secondo i propri gusti.
Un bambino pone sempre tante domande, ricorda che le tue parole sono importanti; meglio un “questo non lo so!” se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi sugli specchi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.
Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore, lo legge, attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi.

Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato, spiegagli perché sei triste, lui è dalla tua parte.

Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile, vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.
Quando la vita è complicata, il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.
Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre non un’amica.
Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono, onoriamolo con cura.

Brano di Giorgio Gaber

Il contadino e la trappola per topi

Il contadino e la trappola per topi

Un topo stava guardando attraverso un buco nella parete, spiando quello che il contadino e sua moglie stavano facendo.
Avevano appena ricevuto un pacco e lo stavano scartando tutti contenti.
“Sicuramente conterrà del cibo!” pensò il topo.
Ma quando il pacco fu aperto il piccolo roditore rimase senza fiato.
Quella che il contadino teneva in mano non era roba da mangiare, era una trappola per topi!

Spaventato, il topo cominciò a correre per la fattoria gridando:

“State attenti! C’è una trappola per topi in casa! C’è una trappola per topi in casa!”
La gallina, che stava scavando per terra alla ricerca di semi e vermetti, alzò la testa e disse:
“Mi scusi, signor Topo, capisco che questo può costituire per lei un grande problema, ma una trappola per topi non mi riguarda assolutamente.
Sinceramente non mi sento coinvolta nella sua paura.”
E, detto questo, si rimise al lavoro per procurarsi il pranzo.

Il topo continuò a correre gridando:

“State tutti attenti! C’è una trappola per topi in casa! C’è una trappola per topi in casa!”
Casualmente incontrò il maiale che gli disse con aria accattivante:
“Sono veramente dispiaciuto per lei, signor Topo, veramente dispiaciuto, mi creda, ma non c’è assolutamente nulla che io possa fare.”
Ma il topo aveva già ripreso a correre verso la stalla dove una placida mucca ruminava, sonnecchiando, il suo fieno.
“Una trappola per topi?” gli disse “E lei crede che costituisca per me un grave pericolo?”

Fece una risata e riprese a mangiare tranquillamente.

Il topo, triste e sconsolato, ritornò alla sua tana preparandosi a dover affrontare la trappola tutto da solo.
Proprio quella notte, in tutta la casa si sentì un fortissimo rumore, proprio il suono della trappola che aveva catturato la sua preda.
La moglie del contadino schizzò fuori dal letto per vedere cosa c’era nella trappola ma, a causa dell’oscurità, non si accorse che nella trappola era stato preso un grosso serpente velenoso.
Il serpente la morse.
Subito il contadino, svegliato dalle urla di lei, la caricò sulla macchina e la portò all’ospedale dove venne sottoposta alle prime cure.
Quando ritornò a casa, qualche giorno dopo, stava meglio ma aveva la febbre alta.

Ora tutti sanno che quando uno ha la febbre non c’è niente di meglio che un buon brodo di gallina.

E così il contadino andò nel pollaio e uccise la gallina trasformandola nell’ingrediente principale del suo brodo.
La donna non si ristabiliva e la notizia del suo stato si diffuse presso i parenti che la vennero a trovare e a farle compagnia.
Allora il contadino pensò che, per dare da mangiare a tutti, avrebbe fatto meglio a macellare il suo maiale.
E così fece.
Finalmente la donna guarì e il marito, pieno di gioia, organizzò una grande festa a base di vino novello e bistecche cotte sul barbecue.
Inutile dire quale animale fornì la materia prima.
La prossima volta che sentirete qualcuno che si trova davanti ad un problema e penserete che in fin dei conti la cosa non vi riguarda, ricordatevi che quando c’è una trappola per topi in casa tutta la fattoria è in pericolo.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Non bisogna mai giudicare nessuno…


Non bisogna mai giudicare nessuno…

Un medico giunse in ospedale subito dopo essere stato chiamato per un’urgenza dal reparto di chirurgia.
Rispose alla chiamata non appena possibile, si mise il camice e andò direttamente al blocco chirurgico.
Davanti alla sala operatoria trovò il padre del bambino che gli gridò:
“Perché è venuto così tardi, perché tutto questo tempo, non sa che la vita di mio figlio è in pericolo, non hai il senso di responsabilità?”

Il dottore sorrise e disse:

“Mi dispiace, non ero in ospedale e sono arrivato velocemente per come ho potuto, dopo aver ricevuto la chiamata…
Ed ora, vorrei che si calmasse in modo che io possa fare il mio lavoro!”
“Devo stare calmo?
Cosa succederebbe se suo figlio si trovasse in questo momento nei panni del mio bambino, starebbe tranquillo?” disse il padre arrabbiato.
Il dottore sorrise e rispose:
“Le voglio dire quello che ha detto Giobbe nella Bibbia:

“Dalla polvere siamo nati e in polvere ritorneremo, sia benedetto il nome di Dio!”

Noi medici non possiamo fare sempre miracoli!
Stia tranquillo, comunque faremo tutto il possibile per suo figlio!”
“Dare consigli quando non siamo in questione è così facile!” mormorò il padre.
L’intervento durò qualche ora, alla fine uscì dalla sala operatoria felice e disse al padre:
“Grazie a Dio suo figlio è salvo!” e senza attendere la risposta del padre guardò l’orologio e andò via di fretta mentre diceva:

“Se vuole sapere altro chieda all’infermiera!”

“Perché è così arrogante?
Non poteva aspettare qualche minuto e dirmi di più sullo stato di mio figlio?” disse il padre all’infermiera.
L’infermiera con le lacrime al viso gli rispose:
“Il figlio del dottore è morto ieri in un incidente stradale, e il medico era al funerale quando l’abbiamo chiamato per l’urgenza e ora che il suo bambino è fuori pericolo e sta bene, lui è corso a vedere la sepoltura di suo figlio!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Gandhi e lo zucchero


Gandhi e lo zucchero

Una nonna trovò l’occasione di portare suo nipote al Mahatma Gandhi.
Il bambino aveva un’attrazione insaziabile per lo zucchero e ciò stava mettendo in pericolo la sua salute.
“Per favore,” supplicando Gandhi “dica a mio nipote che smetta di mangiare lo zucchero, poiché lui la rispetta molto e so che l’ascolterà perché è lei che glielo dice.”

Gandhi allora chiese che si ripresentassero dopo quattro giorni.

Quattro giorni più tardi la nonna ed il nipote ritornarono.
Gandhi guardando fisso negli occhi del ragazzo, gli disse con autorità:
“Smetti di mangiare zucchero, stai ferendo il tuo corpo.”

Dopo un breve silenzio, la nonna domandò a Gandhi:

“Signore, perché ci chiese di aspettare quattro giorni e poi di ritornare?
Questo è lo stesso che poteva dire quattro giorni fa!”

Gandhi rispose:

“Signora, quattro giorni fa io avevo mangiato dello zucchero e non potevo parlare con autorità a suo nipote.
Ora posso, perché sono quattro giorni che non mangio più zucchero.”

Eric Yaverbaum nel suo libro “Segreti della Leadership dei dirigenti che hanno più successo nel mondo” scrive che il loro più grande segreto è quello di guidare con l’esempio.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Gli amici e l’orso


Gli amici e l’orso

Due amici facevano la stessa strada che attraversava una pericolosa e tenebrosa foresta.
Improvvisamente un orso enorme e ringhiante si parò davanti ai due uomini.
Uno, in preda alla paura si arrampicò su un albero e si nascose, l’altro non fece in tempo e accorgendosi di non essere in grado si sfuggire alla bestia feroce si lasciò cadere a terra, fingendo di essere morto.

Sapeva infatti che gli orsi non toccano i morti.

Quando gli arrivò vicino, l’orso lo annusò, gli grugnì negli orecchi, provò a smuoverlo con il muso.
Il poveretto tratteneva il respiro con tutte le sue forze.
L’orso lo credette effettivamente morto e se ne andò.
Appena vide sparire tra gli alberi l’orso, l’altro uomo scese dall’albero su cui si era arrampicato e chiese all’amico:
“Che cosa ti ha detto l’orso all’orecchio?”
“Mi ha detto di non viaggiare più insieme a certi amici, che nel momento del pericolo invece di aiutarmi se la danno a gambe levate.”

L’amore fa ancora molta paura.

Esso chiede il lasciarsi andare, l’abbandono di sé, l’abbandono a sé, la fiducia che abbaglia e non acceca, la donazione assoluta.
Bisognerà render conto della paura e dell’avarizia che impedirono di amare, dell’accecamento e dell’orgoglio che soffocarono gli slanci.
Bisognerà render conto di tutti i gesti non compiuti, delle lacrime ingoiate, dell’amore non dato, delle promesse e del tempo perduto.
Bisognerà pagare per tutte le parole non dette, per tutte le carezze perdute, per tutti i sogni abbandonati.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero