La felicità – Roberto Benigni


La felicità
Roberto Benigni
(a fine pagina troverete il video di questo brano, interpretato da Roberto Benigni e accompagnato dalle musiche di Paolo Buonvino)

La felicità…
Si, la felicità…
A proposito… di felicità… Cercatela, tutti i giorni, continuamente.
Anzi, chiunque mi ascolti ora, si metta in cerca della felicità, ora, in questo momento stesso, perché è lì…
Ce l’avete.

Ce l’abbiamo.

Perché l’hanno data a tutti noi.
Ce l’hanno data in dono quando eravamo piccoli.
Ce l’hanno data in regalo, in dote.
Ed era un regalo così bello che l’abbiamo nascosto, come fanno i cani con l’osso, quando lo nascondono.
E molti di noi lo hanno nascosto così bene che non si ricordano dove l’hanno messo.

Ma ce l’abbiamo, ce l’avete.

Guardate in tutti i ripostigli, gli scaffali, gli scomparti della vostra anima.
Buttate tutto all’aria!
I cassetti, i comodini, che ci avete dentro.
Vedrete che esce fuori.
C’è la felicità!
Provate a voltarvi di scatto, magari la pigliate di sorpresa.

Ma è lì.

Dobbiamo pensarci sempre alla felicità.
E anche se lei qualche volta si dimentica di noi, noi non ci dobbiamo mai dimenticare di lei.
Fino all’ultimo giorno della nostra vita.

E anche se lei qualche volta si dimentica di noi, noi non ci dobbiamo mai dimenticare di lei.
Fino all’ultimo giorno della nostra vita.
Brano tratto dallo spettacolo televisivo “I Dieci Comandamenti.”

Noi siamo… Fuocherelli


Noi siamo… Fuocherelli

A un uomo del villaggio di Negua, sulla costa della Colombia, fu concesso di salire alto nel cielo.
Al ritorno disse che aveva contemplato dall’alto la vita degli uomini.

E disse che siamo un mare di fuocherelli.

Il mondo è questo, rivelò.
C’è un mucchio di gente e un mare di fuocherelli.
Ogni persona brilla di luce propria fra tutte le altre.

Non ci sono due fuochi uguali.

Ci sono fuochi grandi e fuochi piccoli e fuochi d’ogni colore.
C’è gente dal fuoco sereno che non si lascia scompigliare dal vento, e gente dal fuoco pazzo, che riempie l’aria di faville.

Alcuni fuochi sono fuochi sciocchi,

che non illuminano né bruciano però ce ne sono altri che ardono tutta la vita con tanta voglia che non li si può guardare senza restare abbagliati.
E chi si avvicina, prende fuoco.

Brano tratto da “Il libro degli abbracci.” di Eduardo Galeano

La conquista della penna d’aquila


La conquista della penna d’aquila

In riva ad un lago azzurro, sorgeva un tranquillo villaggio indiano.
A mezzogiorno e a sera, dalle tende uscivano fumo e fragranti profumi che mettevano appetito ai piccoli indiani che giocavano.
Una sera d’estate, il clima del villaggio sembrò improvvisamente cambiare.
Gli uomini della tribù si raccolsero tutti nella tenda di Bisonte Nero, il grande capo, per il consiglio dei saggi e degli anziani.
Si erano riuniti per una questione importante che riguardava i piccoli indiani che avevano compiuto sette anni, dovevano cioè decidere quale sarebbe stata la “prova di forza” che avrebbero dovuto superare per essere accettati come membri della tribù.

Era ormai calato il sole, quando dalla tenda uscirono gli uomini, gli anziani e il grande capo.

I piccoli indiani si avvicinarono a Bisonte Nero impazienti di sapere quale sarebbe stata la prova di forza, e lui con voce solenne dichiarò:
“Domani all’alba con il primo raggio di sole, partirete con le vostre canoe verso l’altra riva del lago e cercherete la penna d’aquila dorata che è nascosta in un posto segreto.”
Al primo chiarore, apparvero dietro le montagne le ombre dei giovani indiani che portavano le loro canoe verso la riva del lago.
Stavano tutti indaffarati a prepararsi quand’ecco arrivare, camminando lentamente, Falco Stanco, un vecchio indiano che abitava in un villaggio dall’altra parte del lago.
Il vecchio si avvicinò ai bambini e disse loro:
“Sono vecchio e stanco e per tornare dalla mia tribù devo andare sull’altra riva del lago, e a piedi ci impiegherei tutta la notte.
Qualcuno di voi mi potrebbe portare sulla sua canoa?”
Il piccolo Volpe Astuta guarda gli altri e dice:
“Ma noi dobbiamo fare la prova di forza!”

E tutti gli altri dissero:

“No, non è possibile; se fosse un altro giorno sì, ma oggi dobbiamo correre.”
“Eh, sì!” pensò Nuvola Rossa “Se uno di noi prende sulla sua canoa Falco Stanco, rimarrà indietro e non potrà conquistare la penna d’aquila.
Ma che fatica dovrà fare, povero vecchio, per compiere il giro del lago.
E come sarà triste se gli diremo tutti di no!”
Nuvola Rossa si avvicinò al vecchio e disse, deciso:
“Vieni, Falco Stanco; ti porto io!”
Gli altri sorpresi lo guardarono e pensarono:
“Nuvola Rossa non è stato molto furbo, così rimarrà indietro e non potrà conquistare la penna, ha perso la sua occasione, lui che è tra i ragazzi più abili!”
In quel momento spuntò il primo raggio di sole e con un grido di gioia i piccoli indiani partirono veloci.
Nuvola Rossa vedeva i suoi amici molto più avanti di lui, ormai lontani, e gli venne il dubbio di aver sbagliato.
Poi guardava Falco Stanco, vedeva il suo viso rugoso che sorrideva felice e sentiva nel suo cuore una voce che gli diceva:

“Hai fatto bene, hai fatto bene!”

I piccoli indiani avevano già preso a cercare nei boschi, quando verso Mezzogiorno arrivò anche Nuvola Rossa.
Il piccolo indiano era tutto sudato per la fatica e pensava che già vi era un vincitore.
Ma, a quanto sembrava, nessuno aveva ancora trovato la penna d’aquila.
Nuvola Rossa riprese forza e entusiasmo, salutò Falco Stanco e si accinse alla ricerca.
Ma il vecchio indiano lo chiamò:
“Aspetta, vieni qui!
Ti devo dare una cosa!”
Un po’ a malincuore, Nuvola Rossa si fermò e andò verso Falco Stanco.
“Ieri sera,” proseguì l’anziano “il grande capo del tuo villaggio mi ha detto:
domani all’alba, quando vorrai tornare al tuo villaggio, recati dai piccoli indiani, chiedi loro di portarti sull’altra sponda, e a chi lo farà quando sarete arrivati, consegnagli questa.”
E Falco Stanco tirò fuori una meravigliosa penna d’aquila dorata!
Nuvola Rossa la afferrò e la sollevò con un urlo di gioia.

Gli altri accorsero pieni di stupore.

Falco Stanco rivolgendosi a Nuvola Rossa disse:
“Hai vinto la prova, perché la forza più grande è la forza dell’amore, e tu hai dimostrato di averla aiutandomi.
Nuvola Rossa ha avuto il coraggio di fare quello che nessuno voleva fare!”
I piccoli indiani si guardarono l’un l’altro, poi dissero:
“E’ vero, la forza più grande è l’amore e adesso anche noi vogliamo fare come Nuvola Rossa!”
Falco Stanco li salutò con la mano e pensò:
“Sì, questo è stato un giorno importante per i piccoli indiani perché hanno imparato che c’è qualcosa nella vita che vale più dell’ arrivare primi.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

La formica n. 49.783.511 (Guardare il cielo)


La formica n. 49.783.511
(Guardare il cielo)

Un formicaio ai piedi di un vecchio abete.
Milioni di formiche nere corrono senza sosta, perfettamente organizzate.
Sezione trasporto aghi e foglie, sezione ricerca semi, insetti, larve, sezione allevamento e cura piccoli; comitato difesa dagli assalti.
Un giorno la formica n. 49.783.511 si fermò.
Ansimando s’appoggiò al lungo ago che stava trascinando e alzò lo sguardo.

Si sentiva svenire.

Abituata a scansare i fili d’erba, i sassolini, i bruchi, ora i suoi occhi si smarrivano nell’azzurro immenso del cielo, il cuore le scoppiava d’emozione guardando il grande tronco, i rami ordinati, il verde brillante.
“N. 49.783.511!” gridò il capo settore.
“Gli altri sgobbano e tu poltrisci!
T’assegno un quarto d’ora supplementare!”
La sera la formica n. 49.783.511 fece il recupero di lavoro.
Poi mentre tutte s’infilavano nelle tane, restò fuori e scoprì le stelle.

Un incanto!

Tutta la notte ebbe gli occhi pieni di luce.
Da allora i turni supplementari aumentavano, ma lei non si preoccupava.
Diceva a tutti:
“Alzate gli occhi.
C’è qualcosa di grande sopra di noi, non possiamo portare solo larve e semi.
Non avete mai guardato nemmeno l’abete!”

La prendevano in giro:

“Tu guardi e guardi, ma come riempiamo le riserve di cibo?
Chi ripara la casa quando piove?”
La formica n. 49.783.511 lavorava, s’impegnava, rendeva bello il suo formicaio.
Ma brontolavano lo stesso:
“Se guardare il cielo fosse utile, dovresti essere più brava di noi, invece sei anche tu come noi.
Le stelle non servono a niente.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Sono importanti le persone che lasciano il segno, non quelle che lasciano cicatrici!


Sono importanti le persone che lasciano il segno, non quelle che lasciano cicatrici!

Ci sono persone che entrano nella tua vita e cambiano tutto, persone per le quali vale la pena fermarsi, respirare e che bisogna apprezzare.
Apprezzare le cose davvero importanti della vita: i dettagli…
Come l’acqua del mare, le nuvole, gli sguardi, gli occhi di queste persone, il loro modo di sorridere, gli abbracci infiniti che sanno di sale, le loro mani, svegliarsi al loro fianco …
Ci sono persone che sono fatte d’acciaio,

persone che danno un senso a tutto, persino a cose che prima non avevano nessuna importanza per noi.

Sono persone autentiche, che marcano un momento nella nostra vita, che arrivano come un soffio d’aria fresca e che, quando se ne vanno, lasciano un segno indelebile nei nostri ricordi.
Vi è un’enorme differenza tra lasciare il segno e lasciare cicatrici.
Le cicatrici simboleggiano il dolore, la sofferenza, le ferite aperte, le emozioni che vanno ripulite e curate.
Le cicatrici sono dei segni che non abbiamo scelto di avere e che ci ricordano un dolore che avremmo potuto evitare.

Invece, quando qualcuno lascia il segno,

significa che abbiamo delle tracce incancellabili sulla pelle e nella memoria, che ci fanno ricordare dei momenti d’amore, insegnamento e crescita, quando meno te lo aspetti.
Pertanto, non è importante la quantità di persone che ci circondano, bensì la qualità.
Se qualcuno ci ferisce sistematicamente, dovremmo cominciare a fare un po’ di pulizia nel nostro ambiente circostante, selezionare meglio le persone e sforzarci di continuare solo relazioni che ci apportano insegnamento e crescita interiore.

Sono i piccoli dettagli a dare senso alla vita,

cambiano tutto, rendono importante la quotidianità.
È per questo che non è tanto importante quello che riceviamo quanto il modo in cui lo riceviamo.
Quando una persona speciale vi abbraccia, riesce a ricomporre i frammenti presenti in voi, vi insegna a vivere e a rivivere la vostra interiorità.
Le persone speciali non aspettano che le cose succedano, fanno quello che desiderano e inseguono i loro obiettivi fino a che non li raggiungono.

Brano senza Autore, tratto dal Web