Il figlio più intelligente (L’uomo e i tre figli)

Il figlio più intelligente
(L’uomo e i tre figli)

Molto tempo fa c’era un uomo che aveva tre figli ai quali voleva molto bene.
Non era nato ricco, ma con la sua saggezza e il duro lavoro era riuscito a risparmiare un bel po’ di soldi e a comprare un fertile podere.
Quando divenne vecchio, cominciò a pensare a come dividere tra i suoi figli ciò che possedeva.
Un giorno, quando ormai era molto vecchio e malato, decise di fare una prova per capire quale dei suoi figli fosse il più intelligente.

Chiamò allora i tre figli al suo capezzale.

Diede a ciascuno cinque soldi e chiese loro di comprare qualcosa che riempisse la sua stanza, che era vuota e spoglia.
Ciascuno dei figli prese i soldi e uscì per esaudire il desiderio del padre.
Il figlio più grande pensò che fosse un lavoro facile.
Andò al mercato e comprò un fascio di paglia, ossia la prima cosa che gli capitò sotto gli occhi.
Il secondo figlio, invece, rifletté per qualche minuto.
Dopo aver girato tutto il mercato e aver cercato in tutti i negozi, comprò delle bellissime piume.

Il figlio più piccolo considerò per un lungo tempo il problema.

“Cosa c’è che costa solo cinque soldi e può riempire una stanza?” si chiedeva.
Solo dopo molte ore passate a pensare e ripensare, trovò, qualcosa che faceva al suo caso, e il suo volto si illuminò.
Andò in un piccolo negozio nascosto in una stradina laterale e comprò, con i suoi cinque soldi, una candela e un fiammifero.
Tornando a casa era felice e si domandava cosa avessero comprato i suoi fratelli.
Il giorno seguente, i tre figli si riunirono nella stanza del padre.
Ognuno portò il suo regalo, l’oggetto che doveva riempire una stanza.
Per primo il figlio grande sparse la sua paglia sul pavimento, ma purtroppo questa riempì solo un piccolo angolo.

Il secondo figlio mostrò le sue piume:

erano molto graziose, ma riempirono appena due angoli.
Il padre era molto deluso degli sforzi dei suoi due figli maggiori.
Allora il figlio più piccolo si mise al centro della stanza: tutti gli altri lo guardavano incuriositi chiedendosi:
“Cosa può aver comprato?”
Il ragazzo accese la candela con il fiammifero e la luce di quell’unica fiamma si diffuse per la stanza e la riempì.
Tutti sorrisero.
Il vecchio padre fu felice del regalo del figlio più piccolo.
Gli diede tutta la sua terra e i suoi soldi, perché aveva capito che quel ragazzo era abbastanza intelligente da farne buon uso e si sarebbe preso saggiamente cura dei suoi fratelli.

Brano tratto dal libro “Tutte storie. Per la catechesi, le omelie e la scuola di religione.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

I due sassi

I due sassi

C’erano una volta due sassi di montagna, due fratelli che si erano staccati dalla parete rocciosa e si erano trovati a terra insieme, vicino ad un ruscello.
Un giorno decisero di seguire il corso del ruscello per scendere a valle e vedere la grande città.
Così si misero di buon sasso… cioè, di buon passo, e rotola oggi, rotola domani, pian piano si dirigevano verso la città.
Uno dei due sassi (il più furbo dei due) di tanto in tanto si tuffava nelle acque del ruscello, si fermava un po’ a farsi carezzare dall’acqua, e poi riprendeva il cammino.
“Sbrigati!” gli gridava l’altro, il più sciocco dei due, “Non vedi che resti indietro?
E poi, cosa ti fermi a fare nell’acqua?”
“Mi levo un po’ di polvere di dosso!” rispondeva quello.

“Che stupido che sei!

Quando esci di qui, e hai fatto due rotolate sulla terra, sei di nuovo sporco come prima!
A che ti serve lavarti, se poi ti sporchi ancora?” brontolava il sasso sciocco.
Ma il sasso furbo non gli dava retta.
Rotolava un po’, poi si fermava, entrava nel ruscello e si faceva lavare.
Poi tornava sul prato e ricominciava a rotolare.
E la cosa bella è che non rimaneva mai indietro!
Sì, perché mentre il sasso sciocco, tutto spigoloso e appuntito, faceva una gran fatica a rotolare, e faceva pochi metri per volta, il sasso furbo diventava più rotondo ogni volta che entrava in acqua!

Sapete perché?

Perché l’acqua, scorrendoli tutta intorno, lo levigava, cioè gli levava ogni volta un po’ di pietra di dosso, e lo consumava, così da renderlo liscio e tondo.
Così, quando usciva dall’acqua, con poca fatica raggiungeva l’amico sciocco.
Andarono avanti così per un bel pezzo.
E ogni volta che il sasso furbo usciva dall’acqua, si accorgeva di essere diventato un po’ più piccolo. Entra oggi, entra domani, il sasso furbo stava rimpicciolendo.
Il sasso sciocco, che non capiva, lo scherzava ancora di più:
“Ecco che cosa ci guadagni a fare il bagno ogni giorno!
Se vai avanti di questo passo, fra un po’ non ci sarai più!
Quell’acqua ti sta uccidendo, ti toglie le forze, e non sei più tu!
Ma guardati!
Siamo fratelli, figli della stessa montagna!
Eravamo uguali, e ora?
Tu non sei che un piccolo ciottolo di fiume!
Io sì che assomiglio alla grande montagna!

Guarda come sono forte!”

Ma un bel giorno, uscendo dall’acqua, il sasso furbo si accorse che ora risplendeva su di lui una strana luce.
Era un puntino piccolo piccolo, ma luminoso come il sole.
E ogni volta che riemergeva dall’acqua, il puntino luminoso era sempre più grande.
Finché, adagio adagio, tutto il suo corpo aveva perduto il colore grigio ed era diventato completamente luminoso e dorato.
Erano ormai giunti in città; il sasso sciocco era identico a quando era partito.
Anzi, era ancora più incrostato di polvere e di terra.
Il sasso furbo era molto più piccolo, ma tondo e luminoso.
Il sasso sciocco si lamentava:
“Non capisco proprio che cosa ti abbia ridotto così!

Sei mio fratello e quasi non ti riconosco!

Ma cosa sei diventato?” (Però era invidioso di quel luccichio…).
In quell’istante passò accanto a loro un signore con una valigetta in mano.
Quando vide i due sassi, si fermò di colpo, si inginocchiò a terra, prese il sasso luminoso, aprì la valigetta e ne estrasse una lente.
Osservò attraverso la lente quel piccolo ciottolo, e poi esclamò pieno di gioia:
“Ma è una pepita d’oro!”
Subito lo avvolse con cura in un panno morbido, lo mise nella valigetta e si incamminò verso il suo negozio in città.
Era infatti un gioielliere.
E l’altro sasso?
Rimase solo, vicino al fiume, e finalmente capì:
“Che sciocco, sono stato!
Ma sono ancora in tempo:
mi tufferò nel fiume e mi lascerò levigare fino a che tutto il sasso e le incrostazioni si saranno consumate, e sarò anch’io una pepita d’oro!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Aiutare gli amici

Aiutare gli amici

Un uomo bussò alla porta di un amico per chiedergli un favore:
“Puoi prestarmi quarantamila denari?

Devo saldare un debito!”

L’altro chiese alla moglie di prendere tutti i loro risparmi e gli oggetti di valore:
il piccolo tesoro, però, si rivelò insufficiente.
Chiesero aiuto ai vicini e, alla fine, fu raccolta la somma necessaria.

Quando l’uomo se ne fu andato, la donna notò che il marito stava piangendo.

“Perché sei triste?” gli domandò, “Per il fatto che ci siamo indebitati con i vicini e non sai se saremo in grado di onorare il nostro debito?”
“No, affatto.
Piango perché nutro un grande affetto per quell’amico, eppure non mi sono mai preoccupato per lui.

Mi è ritornato alla mente soltanto quando si è presentato alla nostra porta per chiedere un prestito!”

Andate, dunque, e raccontate la storia di ciò che è accaduto questo pomeriggio.
E ricordate che dobbiamo aiutare i nostri fratelli ancor prima che ce lo chiedano.

Brano tratto dal libro “Il manoscritto ritrovato ad Accra.” di Paulo Coelho. Edizione Bompiani.

I due fratelli

I due fratelli

Due fratelli, uno scapolo e l’altro sposato, possedevano una fattoria dal suolo fertile, che produceva grano in abbondanza.
A ciascuno dei due fratelli spettava la metà del raccolto.
All’inizio tutto andò bene.
Poi, di tanto in tanto, l’uomo sposato cominciò a svegliarsi di soprassalto durante la notte e a pensare:

“Non è giusto così.

Mio fratello non è sposato e riceve metà di tutto il raccolto.
Io ho moglie e cinque figli, non avrò quindi da preoccuparmi per la vecchiaia.
Ma chi avrà cura del mio povero fratello quando sarà vecchio?
Lui deve mettere da parte di più per il futuro di quanto non faccia ora.

È logico che ha più bisogno di me!”

E con questo pensiero, si alzava dal letto, entrava furtivamente in casa del fratello e gli versava un sacco di grano nel granaio.
Anche lo scapolo cominciò ad avere questi attacchi durante la notte.
Ogni tanto si svegliava e diceva tra sé:
“Non è affatto giusto così.
Mio fratello ha moglie e cinque figli e riceve metà di quanto la terrà produce.

Io non ho nessuno oltre a me stesso da mantenere.

È giusto allora che il mio povero fratello che ha evidentemente molto più bisogno di me riceva la stessa parte?”
Quindi si alzava dal letto e andava a portare un sacco di grano nel granaio del fratello.
Un notte si alzarono alla stessa ora e si incontrarono ciascuno con in spalla un sacco di grano!
Molti anni più tardi dopo la loro morte, si venne a sapere la loro storia.
Così, quando i loro concittadini decisero di costruire un tempio, essi scelsero il punto in cui i due fratelli si erano incontrati, poiché secondo loro non vi era un luogo più sacro di quello in tutta la città.

Brano tratto dal libro “La preghiera della rana. Saggezza popolare dell’Oriente. Volume 1” di Anthony De Mello

Aspettando Dio

Aspettando Dio

Un giorno un uomo venne a sapere che Dio stava per andare a trovarlo.
“Da me?” si preoccupò, “Nella mia casa?”
Si mise a correre affannato attraverso tutte le camere, salì e scese per le scale, si arrampicò fin sul tetto, si precipitò in cantina.
Vide la sua casa con altri occhi, adesso che doveva venire Dio.
“Impossibile! Povero me!” si lamentava, “Non posso ricevere visite in questa indecenza.

È tutto sporco!

Tutto pieno di porcherie.
Non c’è un solo posto adatto per riposare.
Non c’è neppure aria per respirare!”
Spalancò porte e finestre.
“Fratelli! Amici!” invocò, “Qualcuno mi aiuti a mettere in ordine! Ma in fretta!”
E cominciò a spazzare con energia la sua casa.
Attraverso la spessa nube di polvere che si sollevava, vide uno che era venuto a dargli aiuto.

In due era più facile.

Buttarono fuori il ciarpame inutile, lo ammucchiarono e lo bruciarono.
Si misero in ginocchio e strofinarono vigorosamente le scale e i pavimenti.
Ci vollero molti secchi di acqua per pulire i pavimenti e tutti i vetri.
Pulirono anche la sporcizia che si annidava negli angoli più nascosti.
“Non finiremo mai!” sbuffava l’uomo.
“Finiremo!” diceva l’altro, fiducioso.

Continuarono a lavorare, fianco a fianco, per tutto il giorno.

E, finalmente, la casa pareva messa a nuovo, lustra e profumata di pulito.
Quando scese il buio, andarono in cucina a apparecchiarono la tavola.
“Adesso,” disse l’uomo, “può venire il mio Visitatore!
Adesso può venire Dio.
Dove starà aspettando?”
“Io sono qui!” disse l’altro.
Poi, sedendosi al tavolo, aggiunse: “Siediti e mangia con me!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Una preghiera fatta da un bambino

Una preghiera fatta da un bambino

Un bambino pensando una preghiera, disse così:
“Signore questa notte ti chiedo una cosa speciale…

Trasformami in una televisione,

così che io possa occupare il suo posto.
Mi piacerebbe vivere come vive la televisione di casa mia.
In altre parole avere una stanza speciale per riunire tutti i membri della mia famiglia attorno a me.

Essere preso sul serio quando parlo.

Fa che io sia al centro dell’attenzione così che tutti mi prestino ascolto senza interrompermi né discutere.
Mi piacerebbe provare l’attenzione particolare che riceve la televisione quando qualcosa non funziona…
E tener compagnia a mio papà quando torna a casa, anche quando è stanco dal lavoro.

E che mia mamma, al posto di ignorarmi, mi cerchi quando è sola e annoiata.

E che i miei fratelli e sorelle litighino per poter stare con me…
E che possa divertire tutta la famiglia, anche se a volte non dica niente.
Mi piacerebbe vivere la sensazione di chi tralascia tutto per passare alcuni momenti al mio fianco.
Signore non ti chiedo molto.
Solo vivere come vive qualsiasi televisione.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Pace e le sue sorelle

Pace e le sue sorelle

Quando il mondo iniziò ad esistere, quando il grande sole giallo riscaldava la terra e di notte la bianca luna tutto illuminava, nacquero in una tiepida mattina d’autunno Pace e le sue sorelle.
Adagiate su una foglia di ninfea che faceva loro da culla, le piccole creature del bene si guardavano intorno incuriosite da tanta bellezza:
prati verdeggianti, animali liberi, un cielo azzurro e pulito, cascate limpide e cristalline.
Quando Felicità svolazzava nei prati, era solita fare a gara con le farfalle a chi raggiungeva prima la grande quercia.
E dove passava lei era felicità ovunque.
Armonia, poi, amava dondolarsi pigramente su un’altalena di liane, canticchiando dolci melodie ai suoi amici animali che, catturati da tanta soavità, rimanevano ore ed ore ad ascoltare quella meravigliosa voce.

E quando cantava lei era armonia ovunque.

Di notte Silenzio raggiungeva a piedi nudi la collina e, seduto sull’erba baciata dalla rugiada, rimirava quel paesaggio incantevole rischiarato da luna e stelle e ne assaporava la quiete.
E quando il sonno li rapiva, era silenzio ovunque.
Amore e Amicizia insegnavano agli abitanti di quel paradiso ad ascoltare il proprio cuore e ad essere sempre pronti ad aiutarsi a vicenda.
E quando parlavano loro, tutti si volevano bene ovunque.
Pace, dal canto suo, regnava sovrana ed era tanto felice nel vedere che era facile mantenere quell’equilibrio così ben costruito dal Buon Dio.
E fino a che lei regnò vi fu pace su tutta la Terra.
Poi arrivò l’uomo.
Era un essere umile e buono, rispettoso e gentile verso i suoi simili:
ma non fu così a lungo.
L’uomo iniziò a coltivare dentro di sé il seme della gelosia e dell’invidia, voleva possedere sempre più cose per essere il padrone indiscusso su tutto.
Gelosia, Invidia e Potere, creature del male senza fissa dimora, giunsero nel regno di Pace e tutto distrussero.

E al loro passaggio vi fu desolazione ovunque.

Infine arrivò Guerra, e dopo lei Tristezza.
Il mondo si tinse dei toni del nero, gli animali cercavano riparo nei boschi, l’uomo si scagliava contro i suoi fratelli, disseminando dolore ovunque.
Pace e le sue sorelle piansero per giorni e giorni, non trovando il modo per rimettere ordine sulla Terra.
In disparte, in un cantuccio, se ne stavano silenziose le due sorelline più piccole, Uguaglianza e Fratellanza, timide e un po’ impaurite.
Pace fissò a lungo i loro occhi e, avvicinandosi, disse:
“È giunto il tempo di far sentire la vostra voce.
Il mondo così sta morendo:
l’uomo lo sta rovinando con le sue stesse mani e noi dobbiamo fermarlo.
A me sta a cuore il futuro dei bambini che così non avranno più case, patiranno la fame e non giocheranno più.
Il loro mestiere è quello di fare i bambini, non vivere tra lo scempio delle guerre dei grandi.”
Uguaglianza e Fratellanza partirono subito.

Anche Amore si unì alle due sorelle.

Dall’alto, lo scenario era tanto triste:
guerra e dolore ovunque.
“Dove saranno i bambini?” si domandavano.
Poi li videro:
chiusi nelle case con le loro mamme, senza sorriso, spaventati.
“Ci pensiamo noi, piccoli.
Venite, seguiteci, fate presto e non abbiate paura!” disse a gran voce Amore.
E così, poco a poco, si formò una catena di bambini che via via diventava sempre più forte e sempre più lunga:
un vero e proprio esercito di chiassosi bimbi.
Al loro passaggio, come per magia, la terra si ricopriva di profumati fiori: fiori ovunque.

Fiori che uscivano dai fucili, dalle macchine da guerra.

Fiori nelle stanze dei bottoni, fiori che cadevano dagli aerei in volo come una pioggia colorata.
Gli uomini così non poterono più fare la guerra e finalmente capirono e si vergognarono tanto per ciò che avevano fatto.
Riposero le armi e la cattiveria e ritornarono nelle loro case, dalle loro famiglie.
Pace tornò così a regnare sulla Terra.
“La guerra è stata vinta dai bambini!” dissero le tre sorelle al loro ritorno.
Pace le accolse con gioia e disse:
“Durante la vostra assenza è venuta alla luce un’altra sorellina. Venite, vuole abbracciarvi!”
Mai i colori della Terra furono meravigliosi come in quel giorno, un giorno da ricordare.
Era nata la Speranza.

Fiaba di Greta Blu

Il fratello ricco e il fratello povero

Il fratello ricco e il fratello povero

C’era una volta due fratelli; uno molto ricco, l’altro molto povero.
Un giorno il povero faceva la guardia ai covoni di grano ammucchiati nel campo del fratello ricco e mentre se ne stava lì seduto sul covone scorse una donna in bianco che raccoglieva le spighe rimaste nei campi mietuti e le aggiungeva ai covoni.
Quando la donna giunse fino a lui, la prese per mano, se la tirò vicino e le chiese che cosa facesse lì. “Sono la Felicità di tuo fratello e raccolgo le spighe rimaste, perché il suo grano sia ancora più abbondante.”
“Dimmi, allora, e la mia felicità, dov’è?” replicò il poveretto, “Verso Oriente!” rispose la donna, e scomparve.

Fu così che il povero si mise in testa di andare per il mondo in cerca della propria Felicità.

E quando un giorno di buonora stava per mettersi in viaggio, dal suo camino saltò fuori la Miseria e piangeva e pregava che la prendesse con sé.
“Mia cara,” disse il povero, “sei troppo debole per affrontare un viaggio così lungo, non ce la faresti mai; ma qui c’è una boccetta vuota, fatti piccina, infilatici dentro e ti porterò con me.”
La Miseria s’infilò nella boccetta e lui senza perdere tempo la tappò con un turacciolo e l’avvolse bene in modo che non si rompesse.
Quando si trovò per via, appena arrivò a un pantano tirò fuori la boccetta e la gettò via, liberandosi così dalla Miseria.
Dopo qualche tempo giunse a una grande città e un certo signore lo prese al suo servizio con l’incarico di scavargli uno scantinato.

“Non riceverai del denaro,” gli disse, “ma tutto ciò che trovi scavando è tuo!”

Dopo un po’ che scavava trovò un lingotto d’oro, secondo gli accordi gli sarebbe spettato, ma lui ne diede una metà al signore e riprese il lavoro.
Arrivò finalmente a una porta di ferro, l’aperse e vi trovò un sotterraneo pieno di ogni ricchezza.
Ed ecco che da una cassa lì sotto s’udì una voce:
“Mio signore, aprimi! Aprimi!”
Egli spostò il coperchio e da dentro saltò fuori una bella fanciulla tutta in bianco che s’inchinò davanti a lui e gli disse:
“Sono la tua Felicità, quella che hai cercato così a lungo; d’ora innanzi sarò vicina a te e alla tua famiglia!”
Dopo di che scomparve.
Egli rimase poi a guardarsi intorno e a rimirare quella ricchezza con il suo signore di una volta e da quel momento fu immensamente ricco e la sua fama cresceva di giorno in giorno.
Eppure non dimenticò mai l’indigenza di un tempo e si prodigò in tutti i modi per aiutare i poveri del luogo.
Dopo aver incontrato una bellissima fanciulla, la conobbe e la sposò.
Poco tempo dopo ebbero un figlio.

Un giorno, mentre passeggiava per la città, incontrò il fratello che si trovava da quelle parti per affari.

L’invitò a casa e gli raccontò con tutti i particolari le sue avventure e che aveva visto la Felicità spigolare nel campo di grano e come s’era liberato della propria Miseria e altro ancora.
L’ospitò per qualche giorno e quando il fratello stava per partire gli diede molto denaro per il viaggio, fece molti doni alla moglie e ai figli e si separò da lui fraternamente.
Ma suo fratello era un uomo sleale e invidiava la Felicità dell’altro.
Da quando aveva lasciato la sua casa non faceva che pensare come far tornare il fratello nella Miseria.
Non appena giunse alla palude dove il fratello aveva ficcato la boccetta, si mise a cercarla e non si dette pace finché non la trovò.
L’aperse subito.
La Miseria saltò fuori immediatamente, cominciò a crescere davanti ai suoi occhi, saltargli intorno, l’abbracciò, lo baciò e lo ringraziò di averla liberata da quella prigionia:

“Sarò sempre grata a te e alla tua famiglia e non vi abbandonerò fino alla morte.”

Inutilmente il fratello invidioso cercò di dissuaderla, invano la mandava dal suo padrone di una volta; non riuscì in nessun modo a togliersi la Miseria di dosso, né a venderla né a regalarla né a sotterrarla né ad annegarla, gli stette sempre alle calcagna.
I briganti lo derubarono della merce che stava portando a casa; riuscì a ritornare chiedendo l’elemosina; al posto del suo palazzo trovò un mucchio di cenere e tutto il suo raccolto era stato portato via da una inondazione.
Fu così che al fratello invidioso non rimase null’altro che… la Miseria.

Brano tratto dal libro “Fiabe di Praga magica.” di Scilla Abbiati. Edizioni Arcana.

Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto… è speciale.


Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto… è speciale.

Il mio amico aprì il cassetto del comodino di sua moglie e ne estrasse un pacchetto, avvolto in carta di riso:
“Questo,” disse, “non è un semplice pacchetto, è biancheria intima!”
Gettò la carta che lo avvolgeva e osservò la seta squisita ed il merletto.
“Lo comprò la prima volta che andammo a New York, 8 o 9 anni fa.
Non lo usò mai.
Lo conservava per un’occasione speciale.
Bene, credo che questa sia l’occasione giusta.”
Si avvicinò al letto e collocò il capo vicino alle altre cose che avrebbe portato alle pompe funebri.
Sua moglie era appena morta.

Girandosi verso di me disse:

“Non conservare niente per un’occasione speciale, ogni giorno che vivi è un’occasione speciale!”
Sto ancora pensando a queste parole che hanno cambiato la mia vita.
Adesso leggo di più e pulisco di meno.
Mi siedo in terrazzo e ammiro il paesaggio senza fare caso alle erbacce del giardino.
Passo più tempo con la mia famiglia e con gli amici e meno tempo lavorando.
Ho capito che la vita deve essere un insieme di esperienze godere, non per sopravvivere.
Ormai non conservo più nulla, uso i miei bicchieri di cristallo tutti i giorni.

Metto la giacca nuova per andare al supermercato, se decido così e ne ho voglia.

Ormai non conservo il mio miglior profumo per le feste speciali, lo uso ogni volta che voglio farlo.
Le frasi “un giorno…” e “uno di questi giorni…” stanno scomparendo dal mio vocabolario.
Se vale la pena vederlo, ascoltarlo o farlo adesso.
Non sono sicuro di cosa avrebbe fatto la moglie del mio amico, se avesse saputo che non sarebbe stata qui per il domani che tutti prendiamo tanto alla leggera.
Credo che avrebbe chiamato i suoi familiari e i suoi amici intimi.
Magari avrebbe chiamato alcuni vecchi amici per scusarsi e fare la pace per una possibile lite passata.

Mi piace pensare che sarebbe andata a mangiare cibo cinese, il suo preferito.

Sono queste piccole cose non fatte che mi infastidirebbero, se sapessi che le mie ore sono contate.
Infastidito perché smisi di vedere buoni amici con i quali mi sarei messo in contatto “un giorno!”
Infastidito perché non scrissi certe lettere che avevo intenzione di scrivere “uno di questi giorni…”
Triste ed infastidito perché non dissi ai miei fratelli e ai miei figli, con sufficiente frequenza, quanto li amo.
Adesso cerco di non ritardare, trattenere o conservare niente che aggiungerebbe risate e allegria alle nostre vite.
E ogni giorno dico a me stesso che questo è un giorno speciale.
Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto… è SPECIALE.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Il ponte


Il ponte

Due fratelli vissero insieme d’amore e d’accordo per molti anni.
Vivevano in cascine separate, ma un giorno scoppiò una lite e questo fu il primo problema serio che sorse dopo quaranta anni in cui avevano coltivato insieme la terra condividendo le macchine e gli attrezzi, scambiandosi i raccolti e i beni continuamente.
Cominciò con un piccolo malinteso e crebbe fino a che scoppiò un diverbio con uno scambio di parole amare a cui seguirono settimane di silenzio.
Una mattina qualcuno bussò alla porta di Luigi.
Quando aprì si trovò davanti un uomo con gli utensili del falegname:
“Sto cercando un lavoro per qualche giorno,” disse il forestiero “forse qui ci può essere bisogno di qualche piccola riparazione nella fattoria e io potrei esserle utile per questo!”

“Sì,” disse il maggiore dei due fratelli “ho un lavoro per lei.

Guardi là, dall’altra parte del fiume, in quella fattoria vive il mio vicino, beh!
È il mio fratello minore.
La settimana scorsa c’era una splendida prateria tra noi, ma lui ha deviato il letto del fiume perché ci separasse.
Deve aver fatto questo per farmi andare su tutte le furie, ma io gliene farò una.
Vede quella catasta di pezzi di legno vicino al granaio?
Ebbene voglio che costruisca uno steccato di due metri circa di altezza, non voglio vederlo mai più!”
Il falegname rispose:

“Mi sembra di capire la situazione!”

Il fratello maggiore aiutò il falegname a riunire tutto il materiale necessario e se ne andò fuori per tutta la giornata per fare le spese in paese.
Verso sera, quando il fattore ritornò, il falegname aveva appena finito il suo lavoro.
Il fattore rimase con gli occhi spalancati e con la bocca aperta.
Non c’era nessuno steccato di due metri.
Invece c’era un ponte che univa le due fattorie sopra il fiume.
Era una autentica opera d’arte, molto fine, con corrimano e tutto.
In quel momento, il vicino, suo fratello minore, venne dalla sua fattoria e abbracciando il fratello maggiore gli disse:
“Sei un tipo veramente in gamba.

Ma guarda!

Hai costruito questo ponte meraviglioso dopo quello che io ti ho fatto e detto!”
E così stavano facendo la pace i due fratelli, quando videro che il falegname prendeva i suoi arnesi.
“No, no, aspetta; rimani per alcuni giorni ancora, ho parecchi lavori per te!” disse il fratello maggiore al falegname.
“Mi fermerei volentieri,” rispose lui “ma ho parecchi ponti da costruire!”

Brano senza Autore, tratto dal Web