I due sassi
C’erano una volta due sassi di montagna, due fratelli che si erano staccati dalla parete rocciosa e si erano trovati a terra insieme, vicino ad un ruscello.
Un giorno decisero di seguire il corso del ruscello per scendere a valle e vedere la grande città.
Così si misero di buon sasso… cioè, di buon passo, e rotola oggi, rotola domani, pian piano si dirigevano verso la città.
Uno dei due sassi (il più furbo dei due) di tanto in tanto si tuffava nelle acque del ruscello, si fermava un po’ a farsi carezzare dall’acqua, e poi riprendeva il cammino.
“Sbrigati!” gli gridava l’altro, il più sciocco dei due, “Non vedi che resti indietro?
E poi, cosa ti fermi a fare nell’acqua?”
“Mi levo un po’ di polvere di dosso!” rispondeva quello.
“Che stupido che sei!
Quando esci di qui, e hai fatto due rotolate sulla terra, sei di nuovo sporco come prima!
A che ti serve lavarti, se poi ti sporchi ancora?” brontolava il sasso sciocco.
Ma il sasso furbo non gli dava retta.
Rotolava un po’, poi si fermava, entrava nel ruscello e si faceva lavare.
Poi tornava sul prato e ricominciava a rotolare.
E la cosa bella è che non rimaneva mai indietro!
Sì, perché mentre il sasso sciocco, tutto spigoloso e appuntito, faceva una gran fatica a rotolare, e faceva pochi metri per volta, il sasso furbo diventava più rotondo ogni volta che entrava in acqua!
Sapete perché?
Perché l’acqua, scorrendoli tutta intorno, lo levigava, cioè gli levava ogni volta un po’ di pietra di dosso, e lo consumava, così da renderlo liscio e tondo.
Così, quando usciva dall’acqua, con poca fatica raggiungeva l’amico sciocco.
Andarono avanti così per un bel pezzo.
E ogni volta che il sasso furbo usciva dall’acqua, si accorgeva di essere diventato un po’ più piccolo. Entra oggi, entra domani, il sasso furbo stava rimpicciolendo.
Il sasso sciocco, che non capiva, lo scherzava ancora di più:
“Ecco che cosa ci guadagni a fare il bagno ogni giorno!
Se vai avanti di questo passo, fra un po’ non ci sarai più!
Quell’acqua ti sta uccidendo, ti toglie le forze, e non sei più tu!
Ma guardati!
Siamo fratelli, figli della stessa montagna!
Eravamo uguali, e ora?
Tu non sei che un piccolo ciottolo di fiume!
Io sì che assomiglio alla grande montagna!
Guarda come sono forte!”
Ma un bel giorno, uscendo dall’acqua, il sasso furbo si accorse che ora risplendeva su di lui una strana luce.
Era un puntino piccolo piccolo, ma luminoso come il sole.
E ogni volta che riemergeva dall’acqua, il puntino luminoso era sempre più grande.
Finché, adagio adagio, tutto il suo corpo aveva perduto il colore grigio ed era diventato completamente luminoso e dorato.
Erano ormai giunti in città; il sasso sciocco era identico a quando era partito.
Anzi, era ancora più incrostato di polvere e di terra.
Il sasso furbo era molto più piccolo, ma tondo e luminoso.
Il sasso sciocco si lamentava:
“Non capisco proprio che cosa ti abbia ridotto così!
Sei mio fratello e quasi non ti riconosco!
Ma cosa sei diventato?” (Però era invidioso di quel luccichio…).
In quell’istante passò accanto a loro un signore con una valigetta in mano.
Quando vide i due sassi, si fermò di colpo, si inginocchiò a terra, prese il sasso luminoso, aprì la valigetta e ne estrasse una lente.
Osservò attraverso la lente quel piccolo ciottolo, e poi esclamò pieno di gioia:
“Ma è una pepita d’oro!”
Subito lo avvolse con cura in un panno morbido, lo mise nella valigetta e si incamminò verso il suo negozio in città.
Era infatti un gioielliere.
E l’altro sasso?
Rimase solo, vicino al fiume, e finalmente capì:
“Che sciocco, sono stato!
Ma sono ancora in tempo:
mi tufferò nel fiume e mi lascerò levigare fino a che tutto il sasso e le incrostazioni si saranno consumate, e sarò anch’io una pepita d’oro!”