Parla solo di ciò che ami

Parla solo di ciò che ami

Quando parli dei tuoi problemi economici, di relazione, di salute, o persino degli utili in ribasso della tua impresa, non stai parlando di quello che ami.
Quando parli di un tragico fatto di cronaca, oppure di una persona o di una situazione che ti ha irritato o deluso, non stai parlando di quello che ami.
Lamentarti della giornataccia che hai affrontato, di un ritardo a un appuntamento, di un ingorgo in cui sei rimasto intrappolato, dell’autobus che hai perso significa parlare di ciò che non ami.

Ogni giorno accadono molte piccole cose:

ognuna di esse renderà più difficoltosa la tua vita se ti fai trascinare in discorsi che riguardano ciò che non ami.
Tieni a mente le buone notizie della tua giornata.
Parla dell’appuntamento andato a buon fine.

Del piacere di essere puntuale, di come sia bello godere di buona salute.

Parla dei guadagni che vuoi realizzare, delle situazioni e degli incontri proficui di oggi.
Devi parlare di ciò che ami se vuoi attrarre ciò che ami.
Ripetendo a pappagallo le cose negative che ti accadono e lagnandoti di quelle che non ami, ti metti letteralmente in gabbia.
Tutte le volte in cui parli di ciò che non ami, aggiungi un’altra sbarra alla gabbia in cui ti rinchiudi, allontanandoti da tutto ciò che c’è di buono intorno a te.

Le persone con una vita meravigliosa, al contrario, parlano più spesso di ciò che amano.

Così facendo, godono di un accesso illimitato al meglio della vita, e sono libere come gli uccelli che volano nel cielo.
Per vivere un’esistenza meravigliosa, spezza le sbarre della gabbia in cui sei imprigionato:
dai amore, parla solo di ciò che ami, e l’amore ti libererà!

Brano di Rhonda Byrne

Quando finisce la notte?

Quando finisce la notte?

Un vecchio rabbino domandò una volta ai suoi allievi da che cosa si potesse riconoscere il momento preciso in cui finiva la notte e cominciava il giorno.
“Forse quando si può distinguere con facilità un cane da una pecora?”

rispose uno di loro.

“No!” disse il rabbino.
“Ma quando allora?”, domandarono gli allievi.

Il rabbino rispose:

“È quando guardando il volto di una persona qualunque, tu riconosci un fratello o una sorella.
Fino a quel punto, è ancora notte nel tuo cuore.

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Perché, nonostante tutto, è possibile essere felici!

Perché, nonostante tutto, è possibile essere felici!

Da oggi in poi, tutti i giorni, quando mi sveglio, dirò:
Oggi io sono felice!
Mi ricorderò di ringraziare il sole, per il suo caldo e la sua luminosità.
Sentirò che sto vivendo, respirando.

Potrò sfruttare tutte le risorse della natura, gratuitamente.

Non avrò bisogno di comperare il canto degli uccelli, neanche il mormorio della riva del mare.
Ricorderò di sentire la bellezza degli alberi e dei fiori nelle sublimi ore della mattina.
Sorriderò sempre quando è possibile.
Cercherò di coltivare più amicizie e neutralizzare le inimicizie.
Non giudicherò gli altri, i compagni e gli amici.
Ricorderò di telefonare ad un amico per fargli capire che sento la sua nostalgia, riserverò minuti di silenzio per avere l’opportunità di ascoltare.

Non mi lamenterò!

Avrò sempre in mente che un minuto trascorso non ritorna più!
Approfitterò meglio di tutti i minuti della vita.
Non soffrirò in anticipo, pensando al futuro incerto, o ricordando le cose passate.
Non penserò a ciò che non ho e mi piacerebbe avere.
Come posso essere felice con quello che ho?

Il dono più grande è la propria vita.

Voglio ricordare di leggere una poesia e dedicarla a qualcuno/a.
Non mi aspetto niente in cambio, soltanto il piacere vedere il sorriso di un amico.
Voglio ricordare che esiste qualcuno che mi vuole bene.
E, quando la notte arriva, guarderò il cielo, le stelle e la luna, e ringrazierò gli angeli e Dio perché, nonostante tutto, è possibile essere felici!

Brano senza Autore, tratto dal Web

Bella giornata, non è vero?

Bella giornata, non è vero?

Il giorno era cominciato male e stava finendo peggio.
Come al solito, l’autobus era molto affollato.
Mentre venivo sballottata in tutte le direzioni, la tristezza cresceva.
Poi sentii una voce profonda provenire dalla parte anteriore dell’autobus:

“Bella giornata, non è vero?”

A causa della folla non riuscivo a vedere l’uomo, ma lo sentivo descrivere il paesaggio estivo, richiamando l’attenzione sulle cose che si avvicinavano:
la chiesa, il parco, il cimitero, la caserma dei pompieri.
Di lì a poco tutti i passeggeri guardavano fuori dal finestrino.
L’entusiasmo era cosi contagioso che mi misi a sorridere per la prima volta nella giornata.

Arrivammo alla mia fermata.

Dirigendomi con difficoltà verso la porta, diedi un’occhiata alla nostra guida: una figura grassottella con la barba nera, gli occhiali da sole, con in mano un bastone bianco.
Era cieco!
Scesi dall’autobus e, all’improvviso, tutta la mia tensione era svanita.

Dio nella sua saggezza aveva mandato un cieco che mi aiutasse a vedere:

a vedere che, sebbene a volte le cose vadano male, quando tutto sembra scuro e triste, il mondo continua ad essere bello.
Canticchiando un motivetto salii le scale del mio appartamento.
Non vedevo l’ora di salutare mio marito con le parole:
“Bella giornata, non è vero?”

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Ognuno dona ciò che ha nel cuore (Il ricco ed il povero)

Ognuno dona ciò che ha nel cuore
(Il ricco ed il povero)

Un giorno un uomo ricco consegnò un cesto di spazzatura a un uomo povero.
L’uomo povero gli sorrise e se ne andò col cesto; lo svuotò, lo lavò e lo riempì di fiori bellissimi.

Poi ritornò dall’uomo ricco e glielo diede.

L’uomo ricco si stupì e gli disse:
“Perché mi hai donato fiori bellissimi se io ti ho dato la spazzatura?”

L’uomo povero rispose:

“Ogni persona dà ciò che ha nel cuore!”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Lettera di un anziano padre al figlio

Lettera di un anziano padre al figlio

Se un giorno mi vedrai vecchio, se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi, abbi pazienza con me:
ricorda il tempo che ho trascorso ad insegnarti queste cose.
Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose, non mi interrompere.

Ascoltami.

Quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi.
Quando non voglio lavarmi, non biasimarmi e non farmi vergognare.
Ricordati quando dovevo correrti dietro inventando delle scuse perché non volevi fare il bagno.
Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico.
Ho speso molta pazienza per insegnarti l’ABC e le prime addizioni.
Quando ad un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso, dammi il tempo necessario per ricordare, e se non ci riesco non ti innervosire:

la cosa più importante non è quello che dico, ma il mio bisogno di essere lì con te ed averti davanti a me mentre mi ascolti.

Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo non trattarmi come fossi un peso.
Vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi.
Quando dico che vorrei essere morto, non arrabbiarti.
Un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo.

Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive.

Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te e che ho tentato di spianarti la strada.
Dammi un po’ del tuo tempo, dammi un po’ della tua pazienza, dammi una spalla su cui poggiare la testa, allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te.
Aiutami a camminare, aiutami ad arrivare alla fine dei miei giorni con amore, affetto e pazienza.
In cambio io ti darò sorrisi e l’immenso amore che ho sempre avuto per te.
Ti amo, figlio mio.

Brano senza Autore, tratto dal Web

Chi non prega?

Chi non prega?

Un contadino, durante un giorno di mercato, si fermò a mangiare in un affollato ristorante dove pranzava di solito anche il fior fiore della città.
Il contadino trovò posto in un tavolo a cui sedevano già altri avventori e

fece la sua ordinazione al cameriere.

Quando l’ebbe fatta, congiunse le mani e recitò una preghiera.
I suoi vicini lo osservarono con curiosità piena di ironia, un giovane gli chiese:
“A casa vostra fate sempre così?

Pregate veramente tutti?”

Il contadino, che aveva incominciato tranquillamente a mangiare, rispose:
“No, anche da noi c’è qualcuno che non prega!”
Il giovane ghignò:

“Ah, davvero?

E chi è che non prega?”
“Beh,” proseguì il contadino, “per esempio le mie mucche, il mio asino e i miei maiali…”

Brano tratto dal libro “Il canto del grillo.” di Bruno Ferrero. Edizioni ElleDiCi.

Bisogna affrontare i rovesci della vita

Bisogna affrontare i rovesci della vita

Un giorno un acquazzone mi colse di sorpresa mentre camminavo per strada.
Grazie a Dio avevo ombrello ed impermeabile.

Tuttavia, entrambi si trovavano nel portabagagli dell’automobile,

parcheggiata molto lontano.
Mentre correvo a prenderli, pensavo a quale strano segno stavo ricevendo da Dio!

Le mie riflessioni furono queste:

“Abbiamo sempre le risorse necessarie per affrontare i rovesci che la vita ci impone, ma, nella maggior parte delle occasioni, tali risorse sono sepolte in fondo al nostro cuore, e ciò ci fa perdere molto tempo nel ritrovarle.”

Brano senza Autore, tratto dal Web

Forse un giorno ci rincontreremo

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Ringraziamenti

Forse un giorno ci rincontreremo
Racconto liberamente ispirato al progetto “Education Against Discrimination”, Erasmus+ Youthpass, Mobility of Youth Workers.

L’altro giorno, all’uscita da un centro commerciale, mentre con un amico stavamo per raggiungere la nostra automobile per rientrare a casa, abbiamo notato una giovane coppia che litigava perché nessuno dei due stava riuscendo ad aprire la loro macchina con il telecomando.
Entrambi erano particolarmente nervosi, ma prima che arrivassimo alla nostra automobile, dopo l’ennesimo tentativo, i due finalmente riuscirono ad aprire la macchina ed ad andarsene.

Questa scena mi fece tornare in mente un episodio di qualche anno fa e, nel tragitto per rientrare a casa, raccontai il tutto al mio amico:

“Qualche anno fa, mi dovetti trasferire per lavoro in una piccola cittadina di montagna del nord Italia.
Mancavano circa dieci giorni al mio rientro a casa e se non ricordo male, era pieno inverno.
Mentre stavo rientrando in albergo, ed ero giunto a poche centinaia di metri di distanza da esso, sopraggiunse un fortissimo temporale e, per ripararmi temporaneamente dall’acqua battente, mi fermai sotto ad un balcone.
Ad un certo punto, non molto lontano da dove mi trovavo, vidi due persone che cercavano di aprire con foga il portellone laterale di un piccolo bus.
Erano letteralmente inzuppati di acqua e, non appena fu possibile, mi avvicinai per cercare di dar loro una mano.
Mi spiegarono che non riuscivano a far scendere i passeggeri, così con buona lena, anche io provai a dar loro supporto per aprire il portellone.
Alcuni minuti e diversi tentativi dopo, finalmente, riuscimmo ad aprire il portellone.

Scesero circa dieci adulti e tre bambini.

Subito dopo, mi avviai verso l’albergo, quando una delle due persone a cui avevo dato una mano, mi raggiunse e mi chiese di unirmi a loro per un veloce coffee break.
Rifiutai, perché non vedevo l’ora di andare a rilassarmi per un po’ in camera, ma avendo capito di essere ospiti dello stesso albergo, mi invitarono ad unirmi a cena con loro.
Accettai, e poco prima del momento della cena, scesi nella hall, dove incontrai il signore conosciuto precedentemente, che si presentò come la guida del gruppo in quella zona, in compagnia di una docente universitaria italiana di meteorologia.
Mi illustrarono le attività che avrebbero dovuto fare in zona e, mi presentarono tutti i partecipanti provenienti un po’ da tutto il mondo.
Del gruppo facevano parte una coppia di donne americane con le loro piccole gemelle di circa cinque anni, una coppia del Marocco con un altro bambino piccolo, un giapponese, un coreano e due giovani ragazze che arrivavano dall’Inghilterra.
A questo variegato gruppo, poco dopo, si aggiunse anche una bellissima ragazza italiana del luogo, che aveva il compito di fare da babysitter ai bambini, soprattutto quando i genitori erano in escursione nelle montagne, ma che sarebbe comunque rimasta con loro per tutto il tempo.

Comunicavano quasi esclusivamente in inglese,

e per me non fu certo semplice riuscire a capire cosa cercassero di dirmi in ogni momento, ma con qualche aiuto e qualche bicchiere di vino, la serata trascorse in modo piacevole.
Mi dissero che erano tutti docenti universitari nelle loro rispettive nazioni e che sarebbero rimasti in quel piccolo paesino per circa quindici giorni, perché volevano capire e studiare quanto le abbondanti piogge influissero sul terreno, che durante la stagione autunnale produceva dei magnifici funghi.
Quella sera ci congedammo, e nei giorni seguenti, la cena multiculturale con tutti loro divenne per me un prerogativa e un momento di convivialità.
Finalmente anche io riuscivo a comunicare un po’ meglio con loro e anche loro iniziarono a parlare con me e a raccontarmi le loro esperienze di vita.
Una domenica andai perfino a fare una escursione con loro.

I giorni che anticiparono la mia partenza trascorsero velocemente.

Ogni tanto, in gruppo andavamo a fare una piacevole passeggiata dopo cena per i borghi del paese, ma in quasi tutte le uscite, ascoltai diverse volte dei brutti commenti riguardanti le persone che erano con me, per via delle loro differenze culturali e fisiche, ma furono comunque delle scene isolate.
Tra le varie cose che notai in quei giorni fu una forte simpatia tra il professore giapponese e la babysitter italiana.
Tutto comunque trascorse in modo tranquillo fino a due sere prima della mia partenza, quando venne organizzato un incontro tra i professori e gli abitanti di quella piccola cittadina, tra cui anche i genitori della ragazza.
Nel susseguirsi dei molteplici interventi della serata, i genitori notarono un feeling tra la loro figlia e il professore, ed il giorno successivo la ragazza fu costretta dai suoi a dimettersi.
Durante la mia ultima sera in loro compagnia regnava un’atmosfera di delusione e sgomento per quello che era accaduto, ma anche quella serata trascorse, e dopo i saluti di rito, rientrai nella mia città.
Ripresa la solita routine quotidiana, mantenni i contatti con quasi tutti i professori che in più di un caso mi invitarono ad andare a trovarli nelle loro rispettive nazioni, ma ancora ad oggi non ci sono andato.”

Terminate queste parole, mi fermai per qualche istante, ed il mio amico mi chiese come mai gli avessi raccontato questa storia…

Dopo questa domanda, continuai con il racconto senza dargli ulteriori spiegazioni:

“In un giorno della scorsa primavera, ricevetti una telefonata da parte del professore giapponese, che dopo le solite domande personali, mi invitò al suo matrimonio in agosto con la ragazza italiana. Rimasi perplesso per qualche istante, ma fui felicissimo per la notizia.
Il 22 di agosto tutti insieme ci rincontrammo.
Erano passati otto anni e mezzo da quando li avevo visti l’ultima volta.
I bambini erano diventati adolescenti e tutti gli altri eravamo invecchiati.
Quando ci ritrovammo, il professore ci mise al corrente del modo in cui era giunto al matrimonio e di come aveva conquistato la sua amata e la sua famiglia.
Tornò in Italia praticamente per una settimana ogni tre mesi subito dopo l’esperienza comunitaria, per vedersi esclusivamente con la sua bella.
Dopo circa tre anni e migliaia di chilometri percorsi tra l’Italia e il Giappone, ebbe il coraggio di tornare nel paese della ragazza per conoscere i suoi.
Nonostante inizialmente fossero un po’ scettici, dopo diversi incontri e il trascorrere di un paio di anni, iniziarono ad apprezzare il professore, ed accettarono che la loro figlia frequentasse quest’uomo.

Così nell’estate precedente a quella attuale, andarono a convivere.

Il professore giapponese mantenne questi suoi viaggi rigorosamente segreti, dato che era rimasto troppo deluso dalla prima reazione dei genitori di lei.
Durante i festeggiamenti, brindammo sia alla nuova coppia di sposi sia all’esserci ritrovati come il gruppo di tanti anni prima.”

Dopo aver terminato il racconto, praticamente sotto casa sua, il mio amico, che nel frattempo era rimasto sorpreso dalla conclusione della storia, mi fece ancora una volta riflettere su quanto nella vita sia importante aiutare gli altri, l’amore e superare i pregiudizi su ogni tipo di discriminazione.

“Una nuova alba è sorta, ma il ricordo non tramonterà.”
Brano di Michele Bruno Salerno
© Ogni diritto sul presente lavoro è riservato all’autore, ai sensi della normativa vigente.

 

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Ringraziamenti

 

Un ringraziamento particolare all’associazione Passepartout.up (Account Facebook), agli organizzatori Edoardo e Biagio ed al trainer del progetto Luca.

Ma soprattutto grazie a tutti voi che avete partecipato:

Afonso, Amjad, Antonia, Barbara, Ben, Brunello, Chaido, Dana, Eva, Giada, Gioia, Giulia, Ioana, Maria, Marisa, Marius, Mihaela, Natacha, Rox, Roxie, Susana, Theoni.