Il gatto e i topi

Il gatto e i topi

In un certo luogo di questo mondo abitava un gatto era il terrore di tutti i topi dei paraggi.
Non li lasciava vivere in pace neppure un istante.
Li inseguiva di giorno e di di notte e così i poveri animaletti non potevano godere un momento di pace.

Il gatto era molto astuto e i topi,

sapendo di non poterlo ingannare, decisero di tenere consiglio.
Si salutarono cordialmente, perché il pericolo rende la gente più amabile, e poi diedero inizio all’assemblea.
Dopo lunghe ore di discussione senza concludere nulla, un sorcio si alzò e chiese silenzio.
Tutti zittirono, perché erano desiderosi di ascoltare le parole di colui che si era alzato in piedi:

chissà, forse aveva la soluzione del problema.

“La cosa migliore sarebbe appendere un sonaglio al collo del gatto; così, tutte le volte che si avvicina, paremmo accorgercene in tempo e scappare!”
I topi si entusiasmarono dell’idea e fecero salti di gioia e corsero ad abbracciare quel topo che aveva suggerito la soluzione, come se fosse un eroe.
Ma, allorché si furono calmati, il sorcio chiese di nuovo silenzio e disse solennemente:

“E chi appenderà il sonaglio al collo del gatto?”

All’udire queste parole, i topi si guardarono l’un l’altro imbarazzati e cominciarono a presentare scuse e a tirarsi fuori, uno alla volta.
In breve marciarono tutti verso casa senza avere concluso nulla.
Perché è molto facile proporre soluzioni; il difficile è assumersi la responsabilità e metterle in pratica, farsi avanti per eseguire un’azione concreta che trasformi in realtà le soluzioni proposte.

Brano senza Autore

Vorrei vedere Dio

Vorrei vedere Dio

Un giorno, un uomo, famoso per il suo scetticismo, andò da un vecchio saggio e chiese:
“Vorrei tanto vedere il tuo Dio!”

“È impossibile!” rispose il saggio.

“Impossibile?
Allora, come posso affidare la mia vita a qualcuno che non posso vedere?” chiese l’uomo.
“Siete sposato?” domandò il saggio.

“Sì, da quindici anni!

Ma perché me lo chiedete?” replicò l’uomo.
“Se siete sposato da quindici anni, allora mostratemi la tasca dove avete riposto l’amore per vostra moglie.
E lasciate che io lo pesi, per vedere se è grande!” chiese il saggio.

“Non siate sciocco!

Nessuno può conservare l’amore in una tasca!” rispose l’uomo, sorpreso dall’insolita richiesta.
“Il sole è soltanto una delle opere che Dio ha messo nell’universo,” spiegò il saggio “eppure, se lo fissate, non potete vederlo.
Tanto meno potete vedere l’amore, ma sapete di essere capace di innamorarvi di una donna e di affidarle la vostra vita.
Non vi sembra evidente che esistono nella vita alcune cose, nelle quali confidiamo anche senza vederle?”

Brano senza Autore

Dio, il sogno ed il conto

Dio, il sogno ed il conto

Preoccupato del senso della vita e dell’ultimo giorno, e soprattutto del Giudizio Finale, a cui prima o poi certamente sarebbe andato incontro, un uomo fece un sogno.
Dopo la morte, si avvicinò titubante alla grande porta della Casa di Dio.
Bussò, ed un angelo sorridente venne ad aprire.
Lo fece accomodare nella sala d’aspetto del Paradiso.

L’ambiente era molto severo.

Aveva il vago aspetto di un’aula di tribunale.
L’uomo aspettava, sempre più intimorito.
L’angelo tornò dopo un po’ con un foglio in mano, su cui, in alto, campeggiava la parola “conto.”
L’uomo lo prese e lesse:
“Luce del sole e stormire delle fronde, neve e vento, volo degli uccelli ed erba.
Per l’aria che abbiamo respirato e lo sguardo alle stelle, le sere e le notti …”

La lista era lunghissima.

“… Il sorriso dei bambini, gli occhi delle ragazze, l’acqua fresca, le mani ed i piedi, il rosso dei pomodori, le carezze, la sabbia delle spiagge, la prima parola del tuo bambino, una merenda in riva ad un lago di montagna, il bacio di un nipotino, le onde del mare…”
Man mano che proseguiva nella lettura, l’uomo era sempre più preoccupato.
Quale sarebbe stato il totale?
Come, e con che cosa, avrebbe mai potuto pagare tutte quelle cose che aveva avuto?
Mentre leggeva con il batticuore, arrivò Dio.

Gli batté una mano sulla spalla.

“Ho offerto io!” disse ridendo, “Fino alla fine del mondo…
È stato un vero piacere!”

Brano senza Autore

Dio, la principessa ed il rabbi

Dio, la principessa ed il rabbi

Una volta una principessa chiese al rabbi Jossi ben Chalafta:
“Che cosa fa Dio, tutto il giorno?”

Il buon rabbi rispose:

“Mette insieme le coppie.
Decide chi dove sposare chi.
Questo uomo a quella donna, questa donna a quell’uomo, e così via!”
“Non è granché!” ribatté la principessa, “Questo lo posso fare anch’io.
Posso mettere insieme migliaia di coppie in un solo giorno.”
Rabbi Jossi rimase in silenzio.
Che fece la principessa?
Andò nei suoi palazzi, prese mille schiavi e mille schiave e li sposò tra loro.

Disse:

“Questo deve sposare quella, quella deve essere sposata a questo!”
Durante la notte quasi tutte le coppie litigarono e si picchiarono a sangue.
Al mattino andarono dalla principessa.
Uno aveva la testa rotta, l’altra un occhio pesto, un altro il naso ammaccato…
La principessa mandò a chiamare il rabbi Jossi, gli raccontò tutta la storia e concluse:

“Avevi ragione.

Mi accorgo che solo Dio può mettere insieme uomini e donne.”
Allora si udì una voce dal Cielo:
“Anche per me la cosa non è facile.”

Brano senza Autore

I bambini ed i santi

I bambini ed i santi

Una maestra di una scuola materna aveva portato la sua classe a visitare il Duomo di Milano illustrando le figure dei santi

rappresentati sulle vetrate luminose.

Qualche giorno dopo, in occasione della Festa di Tutti i Santi, il parroco domandò ai bambini:
“Chi sono i santi?”

Prontamente un bambino rispose:

“Sono quelli che fanno passare la luce!”

Brano senza Autore

Abbiate un sogno

Abbiate un sogno

Un padre orientale, ormai al passo supremo della vita, così si rivolse ai suoi figli:
“Figli cari, abbiate un sogno!

Abbiate un bel sogno, il sogno di tutta la vita.

La vita umana che ha un sogno è lieta.
Una vita che segue un sogno si rinnova di giorno in giorno.
Figli miei cari, abbiate un sogno, passate la vita cercando di realizzare quest’unico sogno, senza distogliervi lo sguardo, senza sostare, avanzando sempre sulla stessa strada.

Ma ricordate:

se questo sogno sarà piccolo, anche il frutto della vostra vita sarà piccolo; se questo sogno sarà basso, anche la vostra vita sarà meschina.
Ma se il vostro sogno sarà bello, sarà grande, sarà originale, anche la vostra vita sarà bella, grande, originale.

Un sogno così non può avere di mira l’interesse egoistico;

il vostro dev’essere un sogno che mira a rendere liete non soltanto le persone tutte, ma l’intera umanità, anche quelli che verranno dopo di voi.
Se il vostro sogno sarà in grado di far gioire tutta l’umanità, farà gioire anche il Signore!”

Qual è il tuo sogno?

Brano senza Autore

L’eremita e l’uomo perduto

L’eremita e l’uomo perduto

C’era una volta un uomo perduto.
Da anni viveva di razzie, rapine, massacri e furti.
Era ferocemente crudele, senza pietà, divorato da una rabbia folle.

Era un uomo perduto, un uomo maledetto.

Un giorno, mentre vagabondava in preda a pensieri di cenere e tormento, gli venne l’idea di far visita all’eremita che viveva in una baracca in cima alla pietraia.
Là non c’era nulla da rubare se non un pagliericcio di foglie secche, ma l’uomo perduto cercava una speranza, un perdono.
Il vecchio eremita lo ascoltò.
Infine gli sorrise e gli mostrò un albero morto dal tronco contorto e calcinato da un fulmine e gli disse:
“Vedi quell’albero morto?
Sarai perdonato quando rifiorirà!”
“Sarebbe come dire mai!” esclamò l’uomo, “Allora a che serve, sant’uomo?

Tanto vale che io torni alle mie rapine.”

Il malvivente ridiscese, imprecando, verso il piano, prendendo a calci le pietre.
Ricominciò la vita di saccheggi e violenze, perché era l’unica cosa che sapeva fare.
Per anni ancora seminò paura, odio e disperazione.
Una sera, mentre cercava un luogo isolato e nascosto per consumare la cena, vide una baracca malandata.
Si affacciò cautamente ad una finestrucola e vide una donna che aveva raccolto i suoi bambini intorno ad una pentolaccia.
La donna cantava una specie di ninna-nanna:
“Dormite, piccoli miei.
Dormite fino a domani.
Mamma vi fa la zuppa.
Dormite ancora un po’.
Dormite fino a domani.”

Il bandito entrò e sollevò il coperchio della pentola.

C’erano solo radici e foglie che bollivano nell’acqua.
L’uomo scosse le spalle poderose, afferrò la pentola e buttò tutto il contenuto dalla finestra.
Tagliò a pezzi la tenera carne dell’agnello che aveva rubato proprio quel giorno.
Ravvivò ben bene la fiamma sotto la pentola e se ne andò, piangendo su tanta miseria.
Quel giorno, l’albero morto fiorì.

Brano tratto dal libro “365 piccole storie per l’anima.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

L’amicizia in istituto

L’amicizia in istituto

Il piccolo e zoppo Leonardo (detto Leo) e Tommaso erano arrivati all’istituto per bambini senza famiglia lo stesso giorno, pochi mesi dopo la nascita.
Le volontarie erano molto buone con loro, un po’ meno i bambini della scuola pubblica che frequentavano.
Erano crudeli spesso con il timido Leo, ma Tommaso sapeva metterli a posto, perché era un bambino robusto e intelligente:

il più bravo a scuola e il più svelto in cortile.

Era Tommaso che aiutava Leo, gli stava sempre vicino.
Lo consolava quando aveva paura, lo aspettava durante le passeggiate, giocava con lui perché non sentisse la malinconia del suo handicap, lo faceva ridere raccontandogli le storie buffe.
All’istituto venivano spesso le coppie che facevano conoscenza con i bambini e li portavano fuori a mangiare in vista di una possibile adozione.
Nessuno si interessava a Leo e Tommaso inventava sempre una scusa o si metteva a fare mattane per non uscire.
Lo aveva fatto solo due volte, con il dottor Turrini e sua moglie Anna.
Una domenica, il dottor Turrini chiamò Tommaso e lo guardò negli occhi:
“Sei un bambino veramente in gamba!

Ti piacerebbe venire a vivere con noi?

Saresti in affidamento per un po’, ma noi ti vorremmo adottare.
Come un vero figlio.
Che ne dici?”
Tommaso rimase senza parole.
Avere una mamma e un papà, come tutti.
“Oh, oh s-s-sì, signore!” mormorò.
Improvvisamente la gioia svanì dai suoi occhi.
Se Tommaso se ne andava, chi si sarebbe preso cura del piccolo e zoppo Leo?
“lo … vi ringrazio tanto, signore!” disse, “Ma non posso venire, signore!”

E prima che il dottore scorgesse le sue lacrime, corse via.

Poco dopo, il dottore lo andò a cercare con una delle volontarie.
Tommaso stava aiutando Leo a infilarsi la scarpa speciale.
Il dottore lanciò uno sguardo penetrante a Tommaso:
“È per lui che non sei voluto venire a stare con noi, figliolo?”
“Beh, io … io sono tutto quello che lui ha.” rispose il bambino.

Brano tratto dal libro “Ma noi abbiamo le ali.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.

Il fazzoletto rosa

Il fazzoletto rosa

Il giovane si era lasciato cadere sulla panchina nel parco e si era preso la testa fra le mani!
Tutta la disperazione degli ultimi tempi gli impediva, quasi, di respirare…
Era arrabbiato e aveva voglia di piangere!
Una ragazza graziosa si sedette sulla panchina accanto a lui…
“Perché sei così triste?” gli chiese all’improvviso.
“La mia vita è una schifezza!” mormorò il giovane, “Tutto è contro di me:

non ho un briciolo di fortuna… Mai!

Non ce la faccio più a continuare!”
“Uhm!” sospirò la ragazza.
“Dove tieni il tuo fazzoletto rosa?
Mostramelo!
Voglio dargli un’occhiata!”
“Che cos’è il fazzoletto rosa?” domandò il giovane, “Io ho solo un fazzoletto nero!”

In silenzio glielo consegnò…

La ragazza guardò il fazzoletto e fu scossa da un brivido:
“È pieno di incubi, di cupa infelicità e di orribili esperienze!”
“È quello che ti ho detto…
Che ci posso fare?
Non posso cambiare la vita!”
“Prendi questo!” disse la ragazza porgendogli un fazzoletto rosa, “Guardaci dentro!”
Con mani esitanti il giovane lo aprì e vide che era pieno di ricordi gioiosi e dolci momenti!

“E dov’è, il tuo fazzoletto nero?” chiese il giovane incuriosito.

“Lo butto ogni giorno nella spazzatura e non ci penso più!” rispose la ragazza, “Metto tutti i momenti più belli della vita nel mio fazzoletto rosa.
Così, quando sento arrivare un po’ di tristezza, o mi sento scoraggiata, apro il fazzoletto e mi dico: “Questa è la mia vera vita!”.”
Il giovane non fece in tempo a replicare!
La ragazza gli schioccò un bacio, sulla guancia, e scomparve…
Al suo posto, sulla panchina, c’era un fazzoletto rosa con la scritta:
“Per te!”
Lo aprì e vide che era vuoto, tranne il piccolo, tenero bacio che la ragazza gli aveva dato…
A quel pensiero sorrise, e si sentì il cuore più caldo e una gran voglia di ricominciare!

“Se cerchi bene, anche tu, hai un fazzoletto rosa…”

Brano senza Autore

Le due caprette

Le due caprette

Un giorno, su uno stretto ponticello che attraversava un tumultuoso e profondo torrente si trovarono, testa contro testa, due caprette, provenienti dalla riva opposta.
Entrambe volevano attraversare.
“Togliti di mezzo!” gridò la prima.

“Sei diventata matta?” replicò l’altra.

“Sono arrivata prima io sul ponte!” rispose la prima.
“Questa è proprio una stupidaggine.
Non ti accorgi che io sono più anziana di te?

Cedimi il passo!” intimò la seconda.

“Se è solo per questo, io sono molto più forte!” disse con fare minaccioso la prima capretta.
Nessuna delle due intendeva cedere.
Continuarono con insulti sempre più offensivi.
Le corna si sfiorarono minacciose, poi violenta scoppiò la lotta.

Le due caprette arretravano di qualche passo,

prendevano la rincorsa e poi cozzavano una contro l’altra con tutta la forza.
Al terzo irruente scontro le due caprette persero l’equilibrio e precipitarono entrambe nelle schiumose e travolgenti acque del torrente.

Brano tratto dal libro “A volte basta un raggio di sole.” di Bruno Ferrero. Edizione ElleDiCi.