Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po’ bruciato!


Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po’ bruciato!

Dopo un lungo e duro giorno di lavoro, mia mamma mise un piatto con salsicce e pane tostato, molto bruciato, davanti al mio papà.
Ricordo che stavo aspettando che lo notasse!
Nonostante mio padre lo avesse notato, prese una fetta di pane tostato, sorrise a mia madre e mi chiese come era andata a scuola.
Non ricordo cosa gli risposi, però mi ricordo il vederlo spalmare burro e marmellata sul pane tostato e mangiarlo tutto.
Quando mi alzai da tavola, quella sera, ricordo aver sentito mia madre chiedere scusa a mio padre per il pane tostato molto bruciato.
Mai dimenticherò quello che gli disse:
“Cara non preoccuparti, a volte mi piace il pane tostato un po’ bruciato!”

Più tardi, quella sera, andai a dare il bacio della buona notte a mio padre e gli chiesi se veramente gli piaceva il pane tostato bruciato.
Egli mi abbracciò e mi fece questa riflessione:
“La tua mamma ha avuto un giorno molto duro nel lavoro, è molto stanca, ed inoltre un pane tostato un po’ bruciato non fa male a nessuno.”
La vita è piena di cose imperfette.
Imparare ad accettare i difetti e decidere di apprezzare ognuna delle differenze degli altri, è una delle cose più importanti per creare una relazione sana e duratura.
La comprensione e la tolleranza sono la base di ogni buona relazione.
Sii più gentile di quanto ritieni necessario esserlo perché tutte le persone, in questo momento, stanno lottando qualche tipo di battaglia.

Tutti abbiamo problemi e tutti stiamo imparando a vivere, ed è molto probabile che non ci basti una vita per imparare il necessario.
Il viaggio verso la felicità non è diritto.
Esistono curve chiamate equivoci, esistono semafori chiamati amici, luci di posizione chiamate famiglia, e tutto si raggiunge se hai:
una ruota di scorta chiamata decisione, un potente motore chiamato comprensione, una buona assicurazione chiamata fede, abbondante combustibile chiamato pazienza, e soprattutto un autista esperto chiamato amore!


Brano tratto di Lin Yutang

A pranzo con le amiche nel giorno della Festa delle Donne


A pranzo con le amiche nel giorno della Festa delle Donne

Era una mattinata ventosa di qualche anno fa, ed era il giorno della Festa delle Donne.
Non sapevamo cosa fare, così decidemmo di andare a pranzare fuori.
Partimmo in tre, con una meta stabilita, una colorata osteria di Foligno, della quale il titolare era un nostro amico caro.
Quando il proprietario ci vide ci fede una gran festa, la locanda era piena ma nonostante questo ci fece sedere subito accanto ad un tavolo presidiato da cinque persone.
Le donne del tavolo vicino al nostro si atteggiavano per la loro bellezza e per come erano vestite, e noi ci sentimmo quasi in difetto.
Il proprietario iniziò a declamare a gran voce le nostre presunte qualità di narratrici di bevute, ma noi lo sapevamo che questo era solo un pretesto per aprire qualche bottiglia a cui teneva e che pochi ordinavano.

Accettammo e ritornò al tavolo tutto scodinzolante con un una bottiglia di Chardonnay del 1991, stappandola con studiata solennità.
Nel tavolo accanto al nostro crebbe la curiosità, dato che forse stavamo esagerando con le esclamazioni di gradimento.
Quindi ci sembrò doveroso offrire un giro di bicchiere di fronte a tanta attenzione.
La signora più spigliata, una donna bionda e brillante assaggiò concentrata e dopo aver deglutito esclamò pimpante:
“Buono! È marsalato.
Io ci farei le scaloppine, si possono fare le scaloppine con un vino così?”

Il proprietario restò di stucco, accennò un sorriso cortese ed infine ammutolì, mentre io presi coraggio e le raccontai un aneddoto che avevo letto da piccola nei giornali scandalistici che mia nonna aveva in casa.
Durante quelle letture, le dissi, appresi una cosa molto importante per la mia formazione: “Christina Onassis, quando mangiava cibo direttamente dalle mani, usava pulire le dita unte sulla propria camicia di seta.”
La morale, signora, è che ognuno può fare ciò che desidera con quello che vuole; basta averne coscienza.

Brano senza Autore, tratto dal Web

La rosa in regalo


La rosa in regalo

Il poeta tedesco Rilke abitò per un certo periodo a Parigi.
Per andare all’università percorreva ogni giorno, in compagnia di una sua amica francese, una strada molto frequentata.
Un angolo di questa via era perennemente occupato da una mendicante che chiedeva l’elemosina ai passanti.
La donna sedeva sempre allo stesso posto, immobile come una statua, con la mano tesa e gli occhi fissi al suolo.
Rilke non le dava mai nulla, mentre la sua compagna le donava spesso qualche moneta.
Un giorno la giovane francese, meravigliata domandò al poeta:
“Ma perché non dai mai nulla a quella poveretta?”
“Dovremmo regalare qualcosa al suo cuore, non alle sue mani.” rispose il poeta.
Il giorno dopo, Rilke arrivò con una splendida rosa appena sbocciata, la depose nella mano della mendicante e fece l’atto di andarsene.
Allora accadde qualcosa d’inatteso:

la mendicante alzò gli occhi, guardò il poeta, si sollevò a stento da terra, prese la mano dell’uomo e la baciò.
Poi se ne andò stringendo la rosa al seno.
Per un’intera settimana nessuno la vide più.
Ma otto giorni dopo, la mendicante era di nuovo seduta nel solito angolo della via.
Silenziosa e immobile come sempre.
“Di che cosa avrà vissuto in tutti questi giorni in cui non ha ricevuto nulla?” chiese la giovane francese.
“Della rosa.” rispose il poeta.

Brano tratto dal libro “L’importante è la rosa.” di Bruno Ferrero

La ragione di Stato


La ragione di Stato

Il figlio di un re si innamorò, come succede nelle fiabe, della figlia del fornaio, che era povera ma bella.
E la sposò.
Per alcuni anni i due sposi vissero in piena armonia e felicità.
Ma, alla morte del padre, il principe salì sul trono.
I ministri e i consiglieri si affrettarono a fargli capire che per la salvezza del regno doveva ripudiare la moglie popolana e sposare invece la figlia del potente re confinante, assicurandosi con questo matrimonio pace e prosperità.
“Ripudiatela, sire, dopotutto è la figlia di un fornaio!” gli consigliarono i ministri, “La sicurezza del trono e dei vostri sudditi viene prima di tutto!”
Le insistenze dei ministri si fecero sempre più pressanti e alla fine il giovane re cedette.
“Ti devo ripudiare,” disse alla moglie, “domani tornerai da tuo padre.
Potrai portare via ciò che ti è più caro!”

Quella sera mangiarono insieme per l’ultima volta.
In silenzio.
La donna, apparentemente tranquilla, continuava a versare vino nel bicchiere del re.
Alla fine della cena, il re sprofondò in un sonno pesante.
La donna lo avvolse in una coperta e se lo caricò sulle spalle.
Il mattino dopo, il re si svegliò nella casa del fornaio.
“Ma, come?” si meravigliò.
La moglie gli sorrise:
“Hai detto che potevo portarmi via ciò che avevo di più caro.
Ebbene, ciò che ho di più caro sei tu.”

Brano tratto dal libro “Cerchi nell’acqua.” di Bruno Ferrero

È così difficile immaginare quanto sia straordinario l’ordinario


È così difficile immaginare quanto sia straordinario l’ordinario

Dopo una vita semplice e serena, una donna morì e si trovò subito a far parte di una lunga e ordinatissima processione di persone che avanzavano lentamente verso il Giudice Supremo.
Man mano che si avvicinava alla mèta, udiva sempre più distintamente le parole del Signore.
Udì così che il Signore diceva ad uno:
“Tu mi hai soccorso quando ero ferito sull’autostrada e mi hai portato all’ospedale, entra nel mio Paradiso!”
Poi ad un altro:
“Tu hai fatto un prestito senza interessi ad una vedova, vieni a ricevere il premio eterno!”
E ancora:
“Tu hai fatto gratuitamente operazioni chirurgiche molto difficili, aiutando a ridare la speranza a molti, entra nel mio Regno!”
E così via.

La povera donna venne presa dallo sgomento perché, per quanto si sforzasse, non ricordava di aver fatto in vita sua niente di eccezionale.
Cercò di lasciare la fila per avere il tempo di pensare, ma non le fu assolutamente possibile:
un angelo sorridente ma deciso non le permise di abbandonare la lunga coda.
Col cuore che le batteva forte, e tanto timore, arrivò davanti al Signore.
Subito si sentì avvolta dal suo sorriso.
“Tu hai stirato tutte le mie camicie… Entra nella mia felicità!”
A volte è così difficile immaginare quanto sia straordinario l’ordinario.

Brano tratto dal libro “C’è qualcuno lassù.” di Bruno Ferrero

Fare la differenza


Fare la differenza

C’era una volta un uomo che subì un intervento a cuore aperto.
Raccontando la sua esperienza a un amico ricordò come il giorno prima dell’intervento una bella infermiera venne nella sua stanza per visitarlo.
L’infermiera gli prese la mano e la strinse.
L’uomo le disse di sentire la sua mano e la strinse a sua volta.
“Ascolti,” disse la donna, “durante l’operazione di domani lei verrà separato dal suo cuore e tenuto in vita solo dalle macchine.
Quando il suo cuore sarà finalmente sistemato e l’operazione terminata, lei riprenderà conoscenza e si sveglierà in una stanza del reparto rianimazione.
Tuttavia, dovrà restare immobile per almeno sei ore.
Potrebbe non riuscire a fare alcun movimento, a parlare, persino ad aprire gli occhi, ma sarà cosciente.
Sentirà e comprenderà tutto ciò che le succederà intorno.
Ecco, durante quelle sei ore io rimarrò al suo fianco e le terrò la mano, proprio come sto facendo ora.
Starò con lei finché non si sarà ripreso completamente.
Anche se potrà sentirsi inerme, quando sentirà la mia mano saprà che io non la lascerò!”

“Successe esattamente quello che l’infermiera mi disse!” spiegò l’uomo all’amico “Mi svegliai ma non riuscii a fare nulla.
Riuscii però a sentire la mano della donna che stringeva la mia, per ore.
E fu questo a fare la differenza!”
Brano senza Autore, tratto dal Web

Il mazzo di rose

Il mazzo di rose

Un giorno, una giovane donna ricevette una dozzina di rose con un biglietto che diceva:
“Una persona che ti vuole bene!”
Senza però la firma.
Non essendo sposata, il suo pensiero andò agli uomini della sua vita:
vecchie fiamme, nuove conoscenze.
Oppure erano stati mamma e papà?
Qualche collega di lavoro?

Fece un rapido elenco mentale.
Infine telefonò a un’amica perché l’aiutasse a scoprire il mistero.
Una frase dell’amica le fece all’improvviso balenare un’idea.
“Dimmi, sei stata tu a mandarmi i fiori?” chiese.
“Sì!” rispose l’amica.
“Perché?” replicò.
“Perché l’ultima volta che ci siamo parlate eri di umore nero.
Volevo che trascorressi un giorno pensando a tutte le persone che ti vogliono bene!” concluse l’amica.
Brano senza Autore, tratto dal Web

Il problema degli altri

Il problema degli altri

C’era una volta un saggio molto conosciuto, che viveva su una montagna dell’Himalaya.
Stanco della convivenza con gli uomini, aveva scelto una vita semplice, e passava la maggior parte del tempo meditando.
La sua fama, però, era così grande che la gente era pronta ad affrontare strade anguste, ad arrampicarsi su colline ripide, a oltrepassare fiumi copiosi solo per conoscere quel sant’uomo, che tutti credevano fosse capace di risolvere qualsiasi angoscia del cuore umano.
Il saggio, essendo un uomo molto compassionevole, elargiva un consiglio qui, un altro lì, ma cercava di liberarsi subito dei visitatori indesiderati.
Essi, comunque, si presentavano a gruppi sempre più numerosi, e un giorno una folla bussò alla sua porta, dicendo che sul giornale locale erano state pubblicate delle storie bellissime su di lui, e tutti erano sicuri che lui sapesse come superare le difficoltà della vita.
Il saggio non fece commenti e chiese loro di sedersi e aspettare.
Trascorsero tre giorni, e arrivò altra gente.

Quando non ci fu più posto per nessun altro, egli si rivolse alla popolazione che si trovava davanti alla sua porta:
“Oggi vi darò la risposta che tutti desiderate.”
Ma voi dovete promettere che, non appena i vostri problemi saranno risolti, direte ai nuovi pellegrini che mi sono trasferito altrove, così che io possa continuare a vivere nella solitudine cui tanto anelo.
Gli uomini e le donne fecero un giuramento solenne:
se il saggio avesse compiuto quanto promesso, essi non avrebbero permesso a nessun altro pellegrino di salire sulla montagna.
“Raccontatemi i vostri problemi!” disse il saggio.
Qualcuno cominciò a parlare, ma fu subito interrotto da altre persone, poiché tutti sapevano che quella era l’ultima udienza pubblica che il sant’uomo avrebbe concesso, temevano che non avrebbe avuto il tempo di ascoltarli.

Qualche minuto dopo, si era creata una grande confusione, con tante voci che urlavano nello stesso tempo, gente che piangeva, uomini e donne che si strappavano i capelli per la disperazione, perché era impossibile farsi sentire.
Il saggio lasciò che la situazione si prolungasse per un po’, finché urlò:
“Silenzio!”
La folla si azzittì immediatamente.
“Scrivete i vostri problemi e posate i fogli di carta davanti a me!” esclamò.
Quando tutti ebbero terminato, il saggio mescolò tutti i fogli in una cesta, chiedendo poi:
“Fate passare tra voi questa cesta, e che ciascuno prenda il foglio che si trova sopra e legga ciò che vi è scritto.

Potrete scegliere se cominciare ad avere il problema che vi troverete scritto oppure potrete richiedere indietro il vostro problema a chi gli è capitato nel sorteggio!”
Ciascuno dei presenti prese uno dei fogli, lesse e rimase terrificato.
Ne conclusero che ciò che avevano scritto, per peggiore che fosse, non era tanto serio come il problema che affliggeva il vicino.
Due ore dopo, si scambiarono i fogli e ciascuno si rimise in tasca il proprio problema personale, sollevato nel sapere che il proprio problema non era poi tanto grave quanto immaginava.
Tutti furono grati per la lezione, scesero giù dalla montagna con la certezza di essere più felici degli altri e, rispettando il giuramento fatto, non permisero più a nessuno di turbare la pace del sant’uomo.

Brano di Paulo Coelho

La pietra e la farfalla

La pietra e la farfalla

Un giorno, in un bosco di montagna, una farfalla meravigliosa svolazzando tra un fiore e l’altro, si posò su di un fiore nato vicino ad una pietra.
La pietra vedeva passare ogni giorno quella farfalla e quel giorno, visto che le era così vicina, le disse:
“Ciao, che meravigliosi colori che hai e come è bello vederti svolazzare, io invece sono qui immobile e posso vedere ben poco del mondo e poi… ho solo questo colore grigio!”
La farfalla un po’ vanitosa rispose:
“Si, ho dei bellissimi colori, tutti mi ammirano e vado dove voglio.
Tu invece sei sempre lì.
Ma non ti annoi?”
La pietra ci pensò un poco e rispose:
“No, non mi annoio perché comunque posso vedere le cose belle del mondo che riesco a vedere da qui e ho tanti amici alberi attorno a me, però mi sento un po’ male se penso che non posso andare dove vorrei, come te.”

A quel sentire, un faggio maestoso che aveva ascoltato tutto intervenne e disse:
“Cara mia vecchia amica pietra, se tu non fossi qui, io come altri alberi e altra vegetazione attorno a te non potremmo vivere perché le nostre radici sono affondate nel terreno e si abbracciano con forza a te per sostenerci.
Tu che sembri una piccola pietra sei invece maestosa e imponente ed è proprio perché sei lì da secoli immobile che hai permesso a noi alberi attorno a te di crescere stabili.
E’ vero quindi che non hai i colori della farfalla ma la tua bellezza sta nell’essere roccia.
Tu invece cara piccola farfalla, è vero che sei splendida con i tuoi colori ed è bello vederti volare quei pochi giorni della tua vita, ma non potresti esistere se non ci fosse questa vegetazione che abbraccia le proprie radici a rocce maestose come questa che sembra una piccola pietra, ma non lo è!”
Da quel giorno, la farfalla andò a trovare ogni giorno la pietra per raccontargli del creato che lei vedeva, e quando la farfalla fu sul punto di morire la pietra le disse:
“Cara amica mia ti ricorderò per sempre perché, anche se pochi giorni, hai rinunciato a svolazzare un po’ del tuo tempo per raccontarmi le cose belle del mondo che io da qui non posso vedere.”

Brano di Stefano Lovecchio
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